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La Costituzione Italiana vista dai ragazzi della classe I sez. C del Liceo
Classico Machiavelli
(anno scolastico 2002-03)
Ilenia Albiati, Gaia Amadori, Sara Bacchi, Costanza Bausi, Francesca Dori, Marta Pinzauti, Caterina Scarselli, Federico Tozzi, Articolo 1
Con l'articolo 1 si apre la Costituzione italiana. Attraverso questo articolo vengono espressi valori fondamentali su cui si basa il nostro Stato: l'Italia è infatti una società basata sulla democrazia, sulla partecipazione dei cittadini alla vita politica del paese, sul diritto-dovere al lavoro come strumento per affermare la propria personalità. L'espressione "Repubblica democratica" indica una forma di governo in cui tutte le cariche pubbliche sono espressione del consenso del popolo e non di un potere autoritario. Un 'altra espressione che contraddistingue il primo articolo è :"l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro". Il lavoro infatti, per la nostra Costituzione è il fondamento della Repubblica. Il diritto (e dovere) al lavoro non è solo un mezzo di sviluppo per il singolo ma anche uno strumento di sviluppo sociale. Nell'ultimo comma dell'articolo 1 si afferma, infine, che il popolo deve esercitare la sovranità "nelle forme e nei limiti della Costituzione: ciò significa che sia i cittadini che i pubblici poteri sono soggetti al rispetto della Costituzione e dei suoi principi. Ho
scelto l' articolo 1 per una serie di ragioni, non sempre e non necessariamente
connesse tra loro, in quanto spesso dettate dall'emotività. La prima ragione,
banalmente, è che si tratta della pietra angolare su cui i fonda l'edificio
costituzionale, del punto di partenza, dell'incipit del discorso. Ci dice che
cosa siamo e ci prepara a quanto seguirà. Mi piacciono gli inizi di qualunque
cosa perché, di solito, contengono una nota positiva, una speranza in quello
che verrà dopo. L'articolo
1 è, forse, l'unico che tutti ricordiamo a memoria, in quanto si è
indelebilmente impresso nella nostra mente fin dai tempi della scuola media,
quando lo imparavamo nell'ora di educazione civica, quando una "Repubblica
democratica" non sapevamo bene cosa fosse e tanto meno perché dovesse
essere "fondata sul lavoro"", ma ci fidavamo che fosse tutto
molto giusto e molto importante. E con questa idea siamo cresciuti e vissuti. La
seconda ragione è che mi piace l'idea di una sovranità collettiva e condivisa,
"nelle forme e nei limiti della Costituzione" e in un ambito
rigorosamente repubblicano. Mi rimane, francamente, qualche perplessità su
come, nell'attuale panorama politico, sia possibile esercitare questo nostro
"potere supremo di comando", come la sovranità viene definita sul
vocabolario. Mi sembra, infatti, che in questo momento tutto siamo fuorché
sovrani; anzi, poiché chi ci governa sembra voler accentrare ruoli e funzioni
più che delegarli, tendiamo, quando va bene, a nascondere la testa, per non
vedere troppo e non inorridire, e quando va male, a lasciarci schiacciare. Per
ragioni storicamente comprensibili si è scelto che la nostra repubblica dovesse
essere fondata sul lavoro che, siamo tutti d'accordo, è un aspetto
irrinunciabile (un diritto-dovere e un valore) della nostra vita di cittadini di
uno Stato democratico, in quanto è ciò che ci assicura libertà, dignità,
indipendenza economica. Ma,
mi chiedo, allora: chi, per ragioni indipendenti dalla volontà non ha o non può
avere un lavoro come si rispecchia in questo articolo che, proprio è il primo,
costituisce una sorta di biglietto di presentazione, la definizione di "chi
siamo"? Che dire, poi, delle difficoltà che, nonostante certe promesse che
ci vengono fatte, i giovani, laureati e non, continuano a incontrare nel trovare
un posto di lavoro che sia in sintonia con il loro curriculum, con le loro
abilità e con i loro interessi e che, magari, dia loro modo di esprimere
potenzialità e qualità nascoste? Forse,
loro sono meno italiani di noi? Gaia Amadori L’articolo 1 della costituzione definisce la
forma istituzionale dello stato, e ne specifica il carattere in senso politico e
sociale. A quest’ultimo proposito occorre anche ricordare che si possono avere
diversi tipi di repubblica, a seconda del processo storico che ha predominato o
del contesto ideologico. La base antifascista della nostra Repubblica
è all’origine della sua qualificazione di “democratica” e “fondata sul
lavoro” oltre a essere all’origine del principio di “sovranità
popolare”. Il principio della sovranità che appartiene
al popolo, richiama più in generale quello di democraticità che ispira nel suo
complesso la Costituzione e che in esso trova concrete manifestazioni. Si tratta cioè del principio politico della
partecipazione democratica di tutti i cittadini alla gestione della “cosa
pubblica”, al fine appunto di realizzare il concreto esercizio della sovranità
popolare. In tal senso l’enunciazione dell’articolo
1 va collegata alle norme costituzionali che effettivamente rendono possibile al
popolo di esercitare i propri poteri sovrani: le norme che riguardano il
Parlamento nella misura in cui è espressione della volontà popolare, la
petizione e il referendum, il ruolo e le funzioni dei partiti, i Sindacati; le
Regioni e le autonomie locali. Si tratta di norme che allargano al massimo la
possibilità di tutti i cittadini d’essere parte attiva nella vita dello stato
e permettono di far emergere il valore dell’interesse collettivo entro il
quale soltanto può articolarsi quello individuale. La Repubblica viene poi definita “fondata
sul lavoro e democratica”. “Democratica” perché il principio
generale di democraticità trova così una particolare enunciazione che porta in
sé il riconoscimento della libertà politica nel significato più ampio, ma
anche quello dell’uguaglianza economico-sociale di tutti i cittadini. Si
tratta di un aspetto molto importante per lo stesso ruolo attribuito
immediatamente al lavoro, su cui la Repubblica democratica viene fondata. Non
tratta di un’enunciazione generica, poiché nel corso della Costituzione nono
si ha soltanto un ampio riconoscimento dei diritti economici e sociali dei
lavoratori, ma si ha anche il riconoscimento del dovere di tutti i cittadini a
un lavoro che sia socialmente ed economicamente utile all’intera collettività. Inoltre proprio perché la Repubblica è
democratica per realizzare l’uguaglianza sociale oltre alla libertà politica,
il suo fine economico è diretto come si vede dalle norme della Costituzione in
riguardo a subordinare le attività produttive ai diversi scopi sociali e dunque
a rispetto dei diritti dei lavoratori. Si tratta dei diritti di libertà e
uguaglianza politica, civile, sociale economica, riconosciuti a tutti i
cittadini, ossia di quei diritti che concorrono a definire il carattere
democratico della nostra Repubblica. Essi trovano la loro esplicita enunciazione in
termini generali, negli articoli 2, 3, 4 della Costituzione e dove nei quattro
titoli della “Parte prima” trovano un’analisi più approfondita. Inoltre anche in altri parti del testo
costituzionale, il principio di democraticità non manca di essere la guida
ispiratrice. Si tratta quindi di un articolo molto
importante non soltanto perché apre la Costituzione italiana ma perché
permette fin dall’inizio di avere una definizione precisa di quello che si
presenta il nostro paese. Non a caso si dice appunto che la nostra
Costituzione si presenti come la meglio organizzata. E’ inoltre molto significativo nel mio
interesse quel’ aggettivo che la caratterizza “democratica”: esso permette
al cittadino di sentirsi parte del suo paese, essendo consapevole del fatto che
egli eserciti la sovranità, pur rispettandone i limiti e le forme.
Sara Bacchi Articolo 2
Il secondo
articolo della costituzione sottolinea espressamente il volere dell'Assemblea
costituente nel porre al vertice dell'ordinamento giuridico la persona e la sua
dignità, riconoscendo nel contempo i diritti e i voleri naturali dell'uomo;
viene cioè stabilita la garanzia di quei diritti inviolabili attraverso cui la
persona può esprimere la propria libertà e autonomia, tali diritti sono
infatti connaturati all'uomo e preesistono all'istituzione dello stato che si fa
garante dell'effettiva attuazione, sono pertanto considerati inviolabili e
irrinunciabili. Accanto a questi diritti volti a tutelare le primarie condizioni
di esistenza (diritto alla salute, diritto al lavoro...) se ne affiancano altri
come quello sulla privacy, sull'identità sessuale, che implicano una più ampia
visione della persona. Oltre a questo, il volere dei costituenti si è rivolto
anche a tutelare l'individuo all'interno del contesto sociale, affermando così
un principio pluralista, attraverso l'attribuzione di un ruolo fondamentale alle
organizzazioni sociali (famiglia, partiti, confessioni religiose) nella crescita
della personalità dell'individuo. Il secondo
articolo tuttavia, come è ovvio, trattando le basi fondamentali della
convivenza, richiede l'adempimento di doveri inderogabili di solidarietà
politica, sociale ed economica (come l'obbligo al servizio militare, il
contribuire alle spese pubbliche...). Il valore della solidarietà rappresenta
quindi in modo completo il senso di unione della comunità che compone lo stato,
che impone doveri senza i quali non potrebbe esistere una reale ed effettiva
convivenza. Mi ha quindi colpito particolarmente l'aspetto morale della
costituzione che implica una considerazione completa della persona, non volta
solamente a indirizzare il
comportamento che deve seguire come individuo, ma anche a sottolineare la
rilevanza della sua dignità
come uomo. Articolo 3 L’articolo tre può essere definito il
cuore della nostra Costituzione. Ritengo possa rappresentare la base su cui
poggia l’intero ordinamento politico e giuridico italiano e per questo motivo
l’ho scelto. Deve essere garantita a tutti i cittadini una
pari dignità sociale davanti alla legge senza alcun distinzione di sesso,
ideologie politiche, razza, religione, etc. Per questo motivo ogni cittadino deve essere
riconosciuto pari ad un altro uomo davanti alla legge senza alcuna distinzione. Ciò a mio parere è assai importante per
combattere il razzismo che purtroppo è ancora assai presente in Italia. In molti casi avviene che un individuo sia mal
visto per il suo colore di pelle e per la sua ideologia religiosa. Inoltre il
dovere di ogni cittadino si basa sull’osservazione delle leggi che devono
essere rispettate. Ovviamente non vi è per ogni cittadino un’assoluta parità
di trattamento. Infatti se tutti dovessimo essere trattati allo stesso modo, ciò
andrebbe a scapito di individui che hanno maggior bisogno di rispetto di altri. Lo Stato deve impegnarsi a intervenire a favore di individui che
presentano situazioni economiche precarie, handicap, etc. Se lo Stato non
dovesse intervenire si verrebbero a creare ulteriori discriminazioni. Le norme da rispettare in certi casi devono
essere diversificate dalla figura del legislatore che ha il compito di valutare
attenendosi a un criterio di ragionevolezza, la diversità delle situazioni. In questo articolo viene quindi affermato il
principio di eguaglianza di tutti i cittadini. L’ impegno dello Stato consiste
nell’intervenire a favore dei cittadini perché vi sia il pieno raggiungimento
di un’uguaglianza sostanziale. Non viene assunto un disabile in un’industria
a compiere il lavoro di un normale operaio ma questo per una condizione
fisica che non glie lo consente. Ma questo non vuol dire che lo Stato non
consenta ad un disabile di lavorare. Egli come tutti potrà essere introdotto
nel mondo del lavoro compiendo però lavori a lui confacenti.
Serena Baroni Articolo 13 L’articolo 13 è considerato il
“cuore” della nostra costituzione, che in ogni sua parte cerca di garantire
l’uguaglianza tra i cittadini e le pari opportunità. Questo diritto è fondamentale perché rende i cittadini liberi di
esprimersi senza la paura di essere derisi, liberi di professare la loro
religione non temendo discriminazioni, liberi di esprimere le proprie
inclinazioni politiche. Liberi naturalmente nel rispetto degli altri. Questa uguaglianza è garantita sia davanti
alla Legge, dove non devono avvenire distinzioni di sesso e razza, sia nel
quotidiano, ed è perciò che la Repubblica nel secondo comma si fa carico di
mantenere e di assicurare la pari dignità sociale non più acquisita come nel
periodo fascista dal titolo nobiliare, ma grazie allo svolgimento di
un’attività che concorre al miglioramento della Repubblica. Per questo lo Stato fornisce, secondo il
Welfare State, servizi pubblici di assistenza sociale, sanitaria e pensione, al
fine di rimuovere le disuguaglianze sociali che impediscono una crescita del
cittadino stesso e poi dello Stato. Limitare la libertà e l’uguaglianza non dà
la possibilità ai cittadini di vivere decorosamente senza temere
l’emarginazione, non dà loro il diritto di migliorare la loro posizione e
tantomeno il diritto di essere considerato uomo dai suoi pari. La mancanza di libertà e di dignità umana
impediscono la partecipazione attiva alla vita della Repubblica e ciò
rappresenta la base della nascita di partiti, sindacati, del miglioramento
economico e della crescita sociale e culturale del Paese. Ho scelto questo articolo perché è da qui
che sono partite e partono tuttora le più importanti decisioni sull’ordine
pubblico e la salvaguardia degli interessi dei cittadini. Impedendo ai cittadini una vita decorosa e una
crescita personale si limita il potenziale di arricchimento della Repubblica. Favorendo l’uguaglianza invece si creano i
presupposti per il dialogo ed il confronto in tutti i campi, perché
l’individuo non è condizionabile né ricattabile dalla speranza di migliorare
la sua condizione sociale. Penso sia molto importante che l’articolo
specifichi la “partecipazione alla vita della Repubblica dei lavoratori”
innanzitutto perché la nostra Repubblica è fondata sul lavoro e poi perché
questo è uno dei mezzi secondo i quali si può far “crescere” l’individuo
e di conseguenza lo stesso Stato. Articoli
17 e 18 Questi due articoli fanno parte della
“tutela della persona e i diritti di libertà dell’individuo”, ovvero
riguardano una parte fondamentale dell’assetto sociale del paese, che in
primis deve regolare tutto ciò che concerne il singolo e i rapporti alla base
dei quali si consolida la società e quindi lo stato. L’assemblea costituente, infatti, ritenne
giusto di inserire una parte che regolava i diritti e le tutele della persona in
quanto individuo che ha diritto di manifestare il proprio pensiero, vedere
riconosciute le proprie idee e quindi di essere inserito
nel contesto sociale, politico del paese che vede il singolo come parte
attiva dello Stato, da cui ha origine ogni istituzione statale
a partire dal Parlamento, eletto a suffragio universale e quindi dalla
singola persona. L’art. 17, in questo contesto, svolge un
ruolo fondamentale in quanto sottolinea come sia diritto del singolo di riunirsi
e aggregarsi con altre persone per essere parte attiva della formazione sociale
del paese. Infatti, ogni forma di riunione, che ha
carattere non stabile, è il manifestarsi di una movimentazione sociale,
politica e culturale che arricchisce e rende effettiva la democrazia, frutto
anche di un movimento partigiano di resistenza nato dall’aggregazione di
uomini che in un contesto di oppressione, riuscirono a liberare il paese. Le riunioni intese come aggregazioni di vario
tipo e in vari luoghi come ad esempio cinema strade piazze teatri e case,
devono, come dice il primo comma, essere pacifiche e senza armi, rispettando
proprio la loro natura sociale. Tali riunioni possono svolgersi anche in luogo
pubblico ed è richiesto preavviso all’autorità pubblica solo per motivi di
sicurezza e incolumità pubblica, infatti, ad esempio talvolta potrebbero
compromettere altre attività o essere pericolose per gli stessi partecipanti. L’art. 18 strettamente legato al precedente,
riguarda le cosiddette associazioni che hanno carattere stabile e si svolgono in
un luogo ben preciso; queste associazioni che possono essere di vario tipo,
sociali, politiche, culturali, non hanno bisogno di autorizzazione ma devono
rispettare la legge penale, infatti se hanno carattere segreto, militare e
funzionale a commettere reati sono vietate e vanno incontro a pene. E’ molto importante il fatto che vengano
vietate associazioni a carattere militare, in quanto l’Assemblea Costituente
decise che fossero pericolose per tutta la popolazione, poiché lo stesso
fascismo aveva fatto largo uso di questo sistema associativo – militare- che
con l’imposizione della forza riusciva a terrorizzare la popolazione e quindi
a manovrarla. Questi due articoli quindi, come frutto di
un’assemblea che voleva cancellare l’orrore del regime fascista o meglio
voleva far si che ogni crimine fascista non si ripetesse in futuro, segnano un
caposaldo della democrazia, come espressione del demos, che prima di tutto vive in società e quindi deve vedere
rispettate le proprie opinioni e saper accettare quelle degli altri, senza la
creazione di associazioni segrete ma al contrario con la
trasparenza e la collaborazione di ogni persona. L’associazione e la riunione, infatti, dai
tempi più antichi, dall’origine della civiltà sono il motore della vita
organizzata sulla terra, da sempre gli uomini si sono riuniti e quindi
riconosciuti, se pure con evidenti divergenze, in una società che si sviluppa e
si allarga a partire dal basso, dal piccolo, come una riunione e si apre ad
organi più ampi che sono quelli che formano le istituzioni statali, creando
quella che è l’elaborata organizzazione dello stato, della repubblica che si
basa sulla liberà di espressione, da quella di religione a quella di stampa;
infatti in un paese dove sarà negata la partecipazione e la parola, sarà
negata la libertà. Costanza Bausi Articolo 22 “Considera se questo è un uomo”. Così diceva Primo Levi di fronte alla
tragedia di milioni di uomini
privati della loro dignità, dei loro diritti, del loro nome, della loro identità,
della loro persona. La Costituzione italiana considera l’uomo. La Costituzione italiana è prima di tutto una
Costituzione umana. Ciò emerge chiaramente dall’articolo 22.
Esso testimonia infatti la volontà dei costituenti di evitare il ripetersi
delle impietose discriminazioni politiche subite dagli ebrei durante il periodo
nazifascista e di tutelare e difendere i principali ed inviolabili diritti
dell’individuo di fronte ad ogni eventualità di esserne privato. La legge fascista, al fine di disfarsi dei
suoi avversari, calpestò la loro dignità di uomini senza il minimo rispetto
della vita e della persona. Milioni di ebrei e di oppositori del regime furono
privati della loro cittadinanza; per tutti gli appartenenti a minoranze
linguistiche fu imposta l’italianizzazione dei cognomi originali… Simili odiose esperienze non avrebbero mai più
dovuto ripetersi. Per questo i costituenti, nel comune sforzo di
impedire la violazione dell’individuo per ragioni politiche, ribadirono tre
fondamentali concetti: la capacità giuridica, ovvero la possibilità legittima
di possedere dei diritti; la cittadinanza, ovvero l’appartenenza ad una
comunità statale sulla base della quale essi possono essere esercitati; il
nome, fondamento dell’identità della persona. Persona, sì, parliamo di una persona, di un
uomo in quanto tale. Ma quale uomo può essere più considerato uomo se privato
dei diritti inalienabili ed intrasmissibili che gli spettano al di là di ogni
condizione sociale, politica e religiosa? Chi è l’uomo senza nome, senza casa,
calpestato e discriminato, senza più niente che gli appartenga o lo riconosca? In questo articolo si rivela il lato più
umano della Costituzione italiana, il titanico sforzo di tutelare la persona
all’interno di una società che, proprio perché frutto di una naturale
convenzione, deve essere giusta ed equa. Questo è il risultato degli effetti di ciò
che l’Italia ha subito… Questa la vera rivoluzione... Questa, nella sua
utopistica bellezza, la vera giustizia… Ho scelto questo articolo perché costituisce
una sicurezza per i cittadini italiani. L’Italia ha capito: gli errori del passato
restano al passato. Marta Pinzauti Articolo
27 L’articolo 27 espone i punti fondamentali del sistema penale italiano,
infatti non solo stabilisce delle norme riguardanti l’imputato, ma analizza
anche quale deve essere la finalità delle pene e vieta la pena di morte. Il primo comma di questo articolo stabilisce
che la responsabilità penale è personale, ad esempio la pena non può essere
trasmessa agli eredi dell’imputato, in questo modo è accertato che soltanto
colui che è direttamente condannato dovrà scontare la pena. Sono vietate le pene collettive, si pensi ai
massacri nazifascisti contro i partigiani. Il secondo comma dell’articolo 27 vieta che
l’imputato sia condannato o soggetto a pena finché non sia stata emanata la
condanna in cui viene accertata la colpevolezza dell’imputato. Nei casi in cui però non è garantita
l’innocenza dell’imputato è stato ideato l’avviso di garanzia in base al
quale la persona sa di essere soggetta alle indagini della polizia e ciò non
vuol dire essere condannati , anzi consente alla persona di preparare meglio la
propria difesa. Purtroppo però come possiamo notare oggi
giorno la televisione e i giornali tendono a far credere che l’avviso di
garanzia sia una condanna anticipata, perciò agli occhi di tutti l’imputato
sembra già risultare colpevole. Con il terzo comma si vieta l’adozione di
pene corporali o di torture per qualsiasi reato commesso. Le pene però non devono soltanto, come dice la parola stessa, punire
colui che è stato condannato, ma devono rieducare e correggere quella persona
in modo da garantire il suo reinserimento nella società e in modo da evitare
che quando esca dal carcere commetta nuovi reati. Purtroppo però oggi giorno
tutto questo non avviene perché capita che alcuni ex detenuti una volta usciti
dal carcere soprattutto per la mancanza di disponibilità economiche “ricadano
in errore” per tornare in carcere, luogo in cui era garantito almeno il loro
sostentamento. Con il quarto comma in sintonia con il
principio di umanità e rieducazione viene abolita la pena di morte per
qualsiasi reato, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra. Con
una legge del 1994 la pena di morte è stata abolita anche dal codice militare. Ho scelto questo articolo perché mi sembra
che in Italia la situazione dei detenuti sia molto trascurata. Proprio per l’eccessivo numero di detenuti
presenti nelle carcere molti casi vengono trascurati e non si tende a garantire
la rieducazione come viene detto dalla Costituzione. Infatti anche se queste
persone hanno commesso un grave errore deve essere data loro la possibilità di
rimediare. Ilenia Albiati Articolo
29
Il primo nucleo di
aggregazione cui la Costituzione dà riconoscimento è la famiglia, ovvero il
primo luogo in cui l' uomo entra in contatto con gli altri sviluppando il
significato di collaborazione, solidarietà e aiuto reciproco. La famiglia infatti è anche il nucleo basilare dell'ordinamento sociale
ed è sicuramente questo il motivo per cui la legge interviene a regolamentarne
le vicende e le relazioni tra le persone che la compongono. In primo luogo la Costituzione definisce la famiglia come società
naturale e ne riconosce i diritti ma specifica anche che il riconoscimento
giuridico avviene solo attraverso il matrimonio. Quest'ultimo può essere civile o concordatario e per essere contratto
richiede dei requisiti precisi tra i quali i più importanti sono il
raggiungimento dell'età minima e l'assenza di vincoli di parentela fra gli
sposi. La Costituzione stessa comunque non sancisce l'indissolubilità del
vincolo matrimoniale e infatti, nel 1970, anche l'Italia introdusse nel suo
ordinamento il divorzio, segno lampante di un grande cambiamento; un cambiamento
che vedeva il nostro paese uscire dalla tutela cattolica per riconoscersi laico
e moderno. In ogni modo, una volta ottenuta la sentenza di divorzio, i coniugi
possono sì risposarsi ma ovviamente soltanto in forma civile. Per quanto invece riguarda la seconda parte dell'articolo 29, questa
sancisce l'uguaglianza morale e civile dei coniugi, concetto che trova un
effettivo riconoscimento solo con la riforma del diritto di famiglia del 1975. Questo infatti modificò il codice civile del 1942 nel quale si
sottolineava l' autorità incontrastata del capo-famiglia e la patria potestà. Negli ultimi decenni poi alla famiglia legittima si è accostata quella di
fatto che non vede il riconoscimento giuridico sancito dal matrimonio. E anche se all'inizio questo tipo di convivenza era visto con ostilità,
oggi, da un punto di vista sociale, è completamente riconosciuta. Il dibattito attuale infatti si è spostato sul riconoscimento delle
unioni tra omosessuali ed è questa la ragione che mi ha indotto ad analizzare e
ricercare il senso della famiglia secondo la Costituzione. Il giudizio a proposito delle coppie omosessuali infatti è ancora troppo
severo ed è questo il motivo per cui nel parlamento italiano ancora non si
approfondisce in modo determinato la questione a loro proposito. Ma ciò è avvenuto in altri paesi europei come ad esempio la Germania;
l'11 Novembre del 2000 infatti questo stato ha riconosciuto le coppie
omosessuali e ha concesso loro pieni diritti. E il fatto risulta ancora più straordinario se pensiamo che proprio la
Germania negli anni '20 aveva perseguitato gli omosessuali fino ad annientarli
nei lager e bollarli con la stella di David rossa. Ma i paesi cambiano e
fortunatamente con loro si modificano anche i loro governanti, le loro idee, le
loro aspirazioni. L' Italia comunque sembra ancora lontana dal grande passo e, ricercando il
valore che la Costituzione dà alla famiglia il fatto desta quasi sorpresa. L' articolo 29 infatti definisce la famiglia stessa come unione naturale
che vede e riconosce a pieni diritti il desiderio di due individui di unirsi e
di coronare talvolta questa unione con la decisione di crescere insieme un
figlio. E in questa prospettiva dov'è la grande differenza tra una coppia di
persone eterosessuali e una di persone omosessuali? Infatti, a prescindere dalla comprensione dell'amore tra omosessuali che
ci può sembrare più o meno naturale, si tratta comunque di due persone che si
amano e che, secondo il mio parere non contrastato dalla Costituzione, hanno
diritto a questo amore. La questione per lo stato italiano rimane comunque del tutto sospesa e per
ora domina un senso di indifferenza al riguardo. Ma quanto potrà durare questo? Io non credo ancora per molto e per ciò ritengo, e nello stesso tempo
spero, che presto il governo si decida a considerare la questione; e solo
allora, a mio avviso, quella libertà piena dell'individuo sancita dalla
Costituzione verrà proclamata. Francesca Dori Articolo 34
L’articolo è
composto da quattro commi ed è diretto alla tutela dell’istruzione e al
dovere dello Stato di aiutare i meno abbienti che vogliono intraprendere e
concludere il corso di studio. Curare l’istruzione è il
primo passo per avere successivamente uno Stato democratico formato da persone
colte e preparate, che certamente giovano alla Repubblica. Nell’articolo si danno
anche le direttive principali per la frequentazione della scuola che è
obbligatoria e gratuita per almeno otto anni e che si conclude con cinque anni
facoltativi che lo Stato assicura ai meritevoli meno abbienti. Lo Stato,
infatti, rende possibile avvalersi di questo diritto per mezzo di assegni alle
famiglie e assegnazione di borse di studio tramite concorsi. Inoltre questo articolo di
istruzione che dà ai docenti la facoltà di insegnare con il metodo preferito,
sempre nel rispetto altrui. Ho scelto questo articolo
perché è molto importante che tutti possano avvalersi almeno per otto anni. come ho detto
precedentemente, uno stato deve poggiare le sue basi su dei cittadini colti e
preparati, che siano in grado di affrontare i mille problemi di oggigiorno. Così
ritengo molto importante il ruolo della scuola: la creazione del cittadino di
domani. Federico Tozzi Articolo 48 L’articolo 48 stabilisce che “ sono
elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età”.
Aggiunge poi: “ il voto è personale ed uguale, libero e segreto. Il suo
esercizio è dovere civico”. Infine precisa che il “diritto di voto non può
essere limitato se non per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di
indegnità morale indicati dalla legge”. Il principio primo di questo articolo
è quello di “universalità”. Infatti sono elettori tutti i cittadini,
uomini e donne: l’estensione del voto alle donne si ebbe in Italia soltanto
dopo l’ultima guerra. In proposito va ricordata la legge del 24 Aprile 1967 (n°
326), di adesione alla convenzione sui diritti politici della donna, adottata, a
New York nel 1953, in base alla quale è ribadito il diritto per le donne ad
avere facoltà di voto senza alcuna discriminazione, il diritto di essere elette
in tutti gli organismi pubblici, il diritto, uguale a quello degli uomini, di
occupare tutti i posti pubblici e di esercitare tutte le funzioni pubbliche.
Ormai le donne sono più del 52% degli aventi diritto al voto. Oggi anche i
detenuti aventi diritto al voto sono ammessi a votare nel luogo di detenzione, e
così i malati negli ospedali. Il secondo principio di questo articolo riguarda
la “personalità” del voto. Non è possibile mandare a votare altri per
proprio conto, bisogna sempre votare di persona. Il principio della personalità
imporrebbe che il legislatore provvedesse peraltro ad assicurare l’esercizio
della potestà di voto anche ai cittadini che risiedono all’estero, i quali,
non possono votare per procura; nella stragrande maggioranza non votano perché
non possono o non vogliono affrontare la spesa e il disagio di un apposito
viaggio in patria. Dice ancora l’art. 48 che “il voto è uguale”. Ciò
vuol dire che il voto plurimo non è ammesso, infatti, secondo me, non è
concepibile nello Stato contemporaneo. Le ultime forme di tale voto risalgono
alla Rivoluzione Sovietica, quando agli operai fu dato un voto che “pesava”
più di quello dei contadini; e all’Inghilterra, dove fino a poco tempo fa vi
sono state persone che hanno avuto un doppio voto, in due collegi, per antichi
privilegi. Nel 1953 il principio di uguaglianza fu richiamato da molte parti per
accusare di illegittimità costituzionale la legge con la quale si stavano per
fare le elezioni alla Camera dei Deputati. Questa legge stabiliva che se un
gruppo di partiti collegati fra loro avesse raggiunto il 50% più uno dei voti,
avrebbe avuto diritto a un numero di seggi maggiore di quello che gli sarebbe
spettato. Con ciò si violava la regola dell’uguaglianza nel voto. Infatti se
ogni elettore, in partenza, aveva un voto uguale a quello degli altri, al
momento finale, se uno dei gruppi dei partiti avesse ottenuto il 50% più uno
dei voti, i voti di quelli che avevano votato per questo gruppo, che avrebbe
goduto del “ premio di maggioranza”, avrebbero “pesato” più di quelli
destinati ai partiti di minoranza, che invece avrebbero visto diminuire la loro
rappresentanza di deputati di un numero uguale a quello concesso alla
maggioranza. Le elezioni furono fatte con questa legge, ma per pochi voti il
meccanismo non scattò perché nessun gruppo di partiti ebbe il 50% più uno dei
voti. Questa legge fu abrogata dal successivo parlamento. I principi della libertà e segretezza sono
concatenati, perché la segretezza garantisce la libertà di voto. C’è una
sola eccezione, relativa ad alcuni che sono del tutto impediti fisicamente, come i ciechi, i quali per votare hanno
bisogno di assistenza. In questo caso specifico il principio della segretezza
non viene osservato, ma solo se il cieco lo vuole. Il principio della segretezza
del voto vale per il corpo elettorale, al contrario, non vale all’intero del
Parlamento, del Governo, della Corte Costituzionale. Sempre da questo principio
si può arrivare a quello della segretezza delle opinioni politiche. Infine l’art. 48 dice che l’esercizio dei
diritti di voto è “dovere civico”. Concordo pienamente con quanto è
affermato, poiché non si può imporre il voto, e ognuno deve essere tutelato se
non vuol recarsi alle urne. Tale libertà di “non voto” è tutelata anche
dal fatto che è possibile consegnare la scheda elettorale in bianco. E comunque
importante votare, in quanto ciascuno è “costretto” a riflettere e con il
suo voto può contribuire alla creazione di un indirizzo politico per il suo
Paese. Questo è l’unico dovere che pone la Costituzione riguardo a questo
articolo per il quale non è prevista alcuna sanzione. Il legislatore ordinario
può comunque emanare norme con le quali si stabiliscano delle sanzioni. La capacità elettorale si distingue in attiva
e passiva: attiva è la capacità di votare, passiva quella di essere eletto. I
requisiti positivi sono due: la cittadinanza e l’età. Per l’elettorato
attivo è richiesta la maggiore età, mentre per il Senato quella di venticinque
anni (art.58). per quanto riguarda la capacità elettorale passiva, la
Costituzione stabilisce che si può essere eletti deputati solo a venticinque
anni (art.56), e senatori a quaranta ( art.58). Ho scelto di affrontare una discussione circa
questo articolo poiché fra pochi giorni saremo chiamati alle urne e quindi
desidero conoscere quali sono i miei diritti e doveri, in quanto dovrò votare
per la prima volta.
Articolo
49 Di questo articolo non è importante tanto la
garanzia di libertà di associazione, perché la Costituzione stessa prima
ancora, nell’articolo 18 relativo ai “rapporti civili”, assicura questa
libertà; i partiti sono associazioni e quindi la loro tutela è già
assicurata. Sono rilevanti, invece, tre altri elementi: il
concorso dei partiti, il metodo democratico, la determinazione della politica
nazionale. Il concorso dei partiti presuppone il
pluralismo dei partiti, senza del quale non vi può essere competizione. Il concorso dei partiti presuppone il
pluralismo dei partiti, senza del quale non vi può essere competizione. L’esperienza fascista, durante la quale vi
era un partito unico, era ancora vicina quando fu redatta la Costituzione, per
questo si vuole affermare un principio opposto, quello del pluralismo. In secondo luogo, la Costituzione non si
interessa del tipo di organizzazione interna dei partiti, ma del modo in cui
competono, disponendo che il concorso debba rispettare il metodo democratico. Ciò
vuol dire che si deve rispettare la regola per cui chi ottiene maggiori consensi
popolari, guadagna maggior potere. In terzo luogo, i partiti concorrono alla
determinazione della politica nazionale. Si trova qui il fondamento del potere
dei partiti, ai quali viene rimesso il compito di determinare l’indirizzo
politico. Secondo la Costituzione i partiti sono il
tramite tra il popolo e l’organizzazione pubblica. Spetta quindi, a quelli che
ottengono maggior numero di voti, di determinare la politica nazionale. I partiti non possono: unirsi in associazioni
segrete o militari, assumere simboli religiosi o simili a qualche altro partito,
ma soprattutto non possono riorganizzare il disciolto partito fascista. I partiti politici hanno segnato la storia del
nostro paese. Questa importanza ha avuto sia effetti positivi, avendo garantito
una stabilità politica, sia negativi avendo contribuito
alla degenerazione del sistema politico, chiamata partitocrazia, che ha
portato ad un’occupazione di tutti i poterei da parte dei partiti. Il sistema partitocratico è crollato agli
inizi degli anni novanta, con la scoperta di tangentopoli, che ha provocato lo
scioglimento di molti partiti. Ho scelto questo articolo perché credo che,
insieme al diciotto, sia simbolo di una svolta importante nella storia italiana. Lo ritengo la sanzione di una “riacquistata
libertà”, e per libertà
intendo, la possibilità che il cittadino ha di scegliere fra più partiti e fra
più pensieri politici, chi ritiene più idoneo per governare il proprio paese. Caterina Scarselli |