DUNS SCOTO, GUGLIELMO DI OCKHAM e

MEISTER ECKHART 

DUNS SCOTO

Vita e opere: Nasce intorno al 1265 a Maxton in Scozia. A quindici anni veste l’abito francescano per volere dello zio ed in convento diventa prima studente poi insegnante di filosofia.

Tra il 1287 e il 1291 si dedica agli studi teologici. Insegna all’Università di Cambridge, di Oxford e di Parigi (1307) dove commenta le sentenze di Pietro Lombardo. Allontanato dalla Francia per motivi politici si stabilisce a Colonia , in Germania, dove morirà nel 1308 a 43 anni

Un breve spazio di vita occupato da un’attività intensa a giudicare dal numero delle sue opere. Le più importanti sono:

Opus oxoniense (opera di Oxford), Reportata Parisiensa (opera di Parigi); entrambe riportano i commenti alle Sentenze di P.Lombardo.

Oltre a queste Il principio degli esseri e Questioni di metafisica, sulla metafisica di Aristotele, Logica come commento a Porfirio e Aristotele, Libera interpretazione e Il trattato sull’anima.

Il pensiero:

Appartiene all’ultimo periodo della scolastica dominata dalla crisi del rapporto Fede-Ragione. Considera infatti la filosofia e la teologia autonome e distinte: l’una dovrà avere come oggetto l’essere in quanto tale. Dovrà seguire il metodo aristotelico della deduzione e avere come obbiettivo la conoscenza del mondo nella sua totalità, sarà quindi metafisica; l’altra, invece, avrà come oggetto Dio, si occuperà di questioni morali, e sarà guida dell’uomo nei suoi comportamenti.

La filosofia:

Considera primo oggetto della nostra conoscenza ciò che è alla base di tutti gli esseri intelligibili ovvero l’ente in quanto tale: possiamo infatti pensare a qualunque cosa, come ad esempio un uomo ed un albero e le concepiamo come cose diverse, ma prima ancora di questo le conosciamo esclusivamente come cose che esistono. Fonda la sua argomentazione su un procedimento sillogistico: “Se il primo oggetto della nostra intelligenza è ciò che sta a fondamento degli essere intelligibili, se a fondamento degli intelligibili sta l’ente allora l’ente sarà il primo oggetto della nostra intelligenza”.

L’essere è per Scoto un concetto univoco, ovvero non può essere affermato e negato rispetto alla medesima cosa; è anche l’unico modo per avere una nozione positiva di Dio, il quale non potrebbe essere conosciuto per sola analogia.

Il problema dell’individuazione, ovvero dell’origine della differenza individuale è visto da Scoto in una proprietà singolare che è “l’ultima realtà dell’essere”, cioè quella forma in base alla quale l’ultimo composto è questo essere (verrà detta hecceitas da hic, haec, hoc latino). Principio di individuazione non potevano essere né la materia, né la forma, in quanto indeterminate e indistinte.

Scoto giunge anche alla dimostrazione dell’esistenza di una causa prima efficiente e finale e perfetta di tutti gli enti: Dio. A priori si può riconoscere a Dio solo quel predicato ontologico che è comune a lui e alle creature, l’essere in generale; ma la realtà determinata che gli compete in virtù di un concetto proprio che l’uomo si forma di lui, può essere dimostrata solo partendo dall’esperienza, cioè a posteriori con una dimostrazione di tipo causale.

La dimostrazione parte da 18 proposizioni, che Scoto chiama conclusioni, le quali sono a loro volta dimostrate.

La prima prova è dedotta dalla considerazione della causa efficiente: poiché ogni ente deve avere una causa e poiché non si può risalire all’infinito nella catena delle cause, è necessario ammettere l’esistenza di una causa prima generante e ingenerabile.

Allo stesso modo procede per le altre proposizioni, dimostrando che esiste una causa prima, necessaria, attuale, finale e perfetta, e che questa è unica.

Teologia:

Dio, oltre ad avere tutte le proprietà che la rivelazione e la fede ci presentano, ha, secondo Scoto, la libertà assoluta e l’uomo, in quanto creatura divina, è anch’esso libero di scegliere il bene e il male. Ammette così il primato della volontà sull’intelletto: non è sufficiente conoscere il bene per farlo.

L’uomo conosce il suo fine naturale, ma non quello soprannaturale che può essergli solo rivelato.

L’immortalità dell’anima è un argomento della teologia perché non può essere dimostrata con un procedimento logico e necessario, ma solo per mezzo del Vangelo.

La presenza del male nel mondo è vista come in Agostino, come un allontanamento da Dio; il peccato come attribuibile alla causa inferiore, cioè all’uomo che “non opera come dovrebbe e potrebbe operare”(libertà di scegliere).

 

GUGLIELMO DI OCKHAM

Vita e opere: Nasce nel 1280 a Ockham vicino a Londra. Entra nell’ordine francescano e trasferitosi a Oxford vi compie gli studi universitari, prima seguendo corsi di filosofia poi commentando le sentenze di Pietro Lombardo. Consegue i titoli di Baccelliere sententiarum, biblicus e formatus; nel 1318 chiede al vescovo di Lincoln di poter confessare in quella diocesi e nel 1324 è convocato ad Avignone per rispondere dell’accusa di eresia mossagli da un cancelliere dell’università di Oxford. Dei suoi scritti sette articoli saranno giudicati eretici, trentasette falsi e quattro temerari.

Fu coinvolto nel conflitto di poteri che vedeva schierati il Papa Giovanni XXII e l’Imperatore Ludovico il Bavaro, schierandosi a favore di quest’ultimo perché in contrasto con il papato riguardo ad alcuni concetti come la povertà di cristo e degli Apostoli.

A questi anni risale il suo incontro con Michele da Cesena, generale dell’ordine francescano, con il quale fugge da Avignone per raggiungere Pisa sotto la protezione dell’imperatore. Dal 1330,sempre al seguito di Ludovico sarà monaco di Baviera, dove resterà fino alla morte, avvenuta nel 1349 per colera.

La sua produzione letteraria è assai vasta e riguarda molti ambiti del sapere. Possiamo dividerla in:

Opere di carattere teologico: Il commento alle sentenze, Sette libere interpretazioni, Trattato sulla predestinazione e prescienza divina

Opere di carattere filosofico: Esposizione sugli otto libri della fisica, Chiara spiegazione dell’arte antica che contiene commenti alle opere di Aristotele e Porfirio, Summa Logicae

Opere di argomento teologico-politico: L’opera di novanta giorni, Trattato contro Benedetto XII, Il compendio degli errori di Papa Giovanni XXII, Ai Principi, Trattato sui poteri degli Imperatori e dei Capi.

Il pensiero:

Ribadendo l’assoluta separazione tra filosofia e teologia si presenta come una radicalizzazione delle teorie di Scoto, soprattutto del tema del volontarismo divino e del ruolo centrale dell’individuo,. Punto di riferimento è l’aristotelismo, comunque rielaborato e criticato.

Il suo pensiero si basa su alcuni principi basilari quali il primato della conoscenza intuitiva del particolare, sperimentalmente appresa (è un empirista); il divieto di moltiplicare gli enti senza necessità, conosciuto come “rasoio di Ockham”; l’uso della ragione e dell’esperienza secondo un procedimento induttivo nell’ambito delle questioni filosofiche.

La filosofia

La gnoseologia per quanto complessa, è il principio fondamentale su cui è costruito l’intero sistema filosofico di Ockham.

Distingue tra conoscenza intuitiva e conoscenza astrattiva.

La conoscenza intuitiva è quella con la quale si conosce con tutta evidenza se un oggetto esiste o non esiste, nasce dall’esperienza, è sensibile e singolare, ci permette di formulare proposizioni circa l’inerenza delle cose l’una all’altra (es: conosco Socrate e la bianchezza, posso dire “Socrate è bianco”). E’ quindi unico criterio di verità.

La conoscenza astrattiva è dell’intelletto, si basa sulla conoscenza intuitiva, prescinde dall’esistenza dell’oggetto, può essere singolare e universale.

La conoscenza quindi avviene in modo diretto attraverso l’esperienza con un rapporto immediato tra conoscente e cosa conosciuta.

 

 

Per semplicità teoria della conoscenza, del significato, dei termini e della suppositio, possono essere così schematizzate:

Teoria della conoscenza

Esperienza sensibile

ß

                                       Conoscenza intuitiva ®perfetta se ha per oggetto realtà attuali

®imperfetta se ha per oggetto realtà passate

  ß per habitus

Conoscenza astrattiva

ß

Notizia astrattiva o concetto

Ha una realtà soggettiva determinata e singola, è un atto dell’intelletto inteso nella sua funzione di significante, è una INTENTIO segno delle cose significate e come tale sta in luogo di esse nei giudizi (teoria della suppositio).La sua validità non sta nella sua realtà oggettiva, ma nel fatto che è segno naturale della cosa stessa ed è predicabile di più cose.

ß

Teoria del significato

Interpretazione del triangolo semantico di Aristotele

                                        TERMINI  ¾¾¾ ¾¾¾¾ CONCETTI (Intentio primae e secundae)

                  Significano secondariamente                                          Significano primariamente

e per istituzione                                          e naturalmente

 

COSE

ß

Teoria dei termini

Termine concepito ® intentio che significa o consignifica qualcosa

Termine orale          ®  simbolo

Termine scritto        ®  simbolo

 

Termine in una proposizione è dunque ciò che preso significativamente (deve prima avere un significato) funge da soggetto o predicato.

 

ß

Teoria della suppositio

Suppositio ® dimensione semantica del termine nella proposizione, nasce cioè dal problema di valutare le variazioni di riferimento di un termine in base al suo ruolo sintattico, o contesto proposizionale (es. Socrate può supporre per l’uomo, la parola scritta, etc.).

Permette di stabilire il valore di verità delle proposizioni, es: “Socrate è trisillabo” è vera se e solo se Socrate suppone per la parola.

¯

S. personale ® il termine preso significativamente suppone per il suo significato, per l’individualità singola (es. l’uomo corre*)

S. semplice ® il termine preso significativamente suppone per il concetto (es. uomo è specie*)

S. materiale ®il termine preso significativamente suppone per la parola scritta o orale (es. uomo è bisillabo*)

* da notare il significato predicativo della copula, ovvero indica che soggetto e predicato suppongono per la stessa cosa e non identità o inerenza.

 

Problema dei universali

La posizione di Ockham nei confronti del problema posto da Porfirio nell’Isagoge, introduzione alle Categorie di Aristotele, è di tipo nominalista moderata in quanto afferma che gli universali non hanno una sussistenza di per sé, ma non sono neanche semplici nomi senza riferimento; sono concetti logici (termini di seconda intenzione) che si trovano nella nostra mente e servono ad indicare più individui.

Teologia

Dal punto di vista teologico Ockham afferma che le verità della fede non possono essere accolte con la ragione, ma esclusivamente attraverso la rivelazione.

Il mondo è stato creato da Dio con atto libero, e questa sua libertà non ha limiti, quindi nulla può essere necessariamente. La conseguenza è che diventa assurdo concepire tra Dio e le creature quella serie di intermediari proposti dalle teologie precedenti.

Riguardo alla conoscenza di Dio e alla dimostrazione della sua esistenza, Ockham sostiene che Dio non può essere conosciuto in se stesso(in un concetto semplice), poiché non abbiamo di lui una conoscenza intuitiva, ma solo in un concetto predicabile di lui e di altre cose (concetto quidditativo), quindi nulla potremo dire di lui e della sua essenza.

Tuttavia la posizione di Ockham non fu sempre coerente: nel Commento alle sentenze infatti accetta in qualche modo la dimostrabilità dell’esistenza di Dio attraverso la prova aristotelica della causa efficiente, da lui corretta in causa conservante (perché a differenza della prima non ammette un processo all’infinito).

Pensiero politico

L’assoluta libertà divina e la negazione di intermediari tra Dio e le creature portano Ockham ad una svalutazione della gerarchia ecclesiastica, in cui sottolinea i limiti dell’autorità pontificia e arriverà a dire che il Papa dovrà  subire un legittimo controllo perfino in materia di fede, morale e disciplinare. A questa sua posizione non sono comunque estranei motivi di carattere personale.

 


MEISTER ECKHART

Vita e opere: Nasce a Hochheim, in Turingia, intorno al 1260. Compie i primi studi a Erfurt, in un convento domenicano. Da qui si trasferisce a Colonia ed in seguito a Parigi, dove, nel 1294 è commentatore delle Sentenze di P. Lombardo nella facoltà di teologia e nel 1302 diventa magister all’università.

Dal 1322 insegna a Colonia e sempre qui subisce dal 1326 al 1329 due processi per eresia, conclusisi con la condanna di , da parte di Papa Giovanni XXII, di alcune proposizioni contenute nelle sue opere , in particolare la teoria dell’eternità del mondo, dell’inefficacia delle bestemmie, dell’inefficacia delle opere e della possibilità di ogni uomo buono di eguagliare Cristo. Muore nel 1328 durante uno dei suoi viaggi tra Colonia ed Avignone.

Il pensiero

La filosofia di Eckhart viene considerata dagli studiosi come misticismo(dal greco mysterion, nascosto): esso indica una concezione che pone a suo fondamento l’esperienza del divino provata dall’uomo.

Non si può accedere a Dio attraverso la ragione, perché “Egli è inesprimibile, ineffabile, al di sopra delle capacità dell’anima”. Dio è anche al di sopra dell’essere perché è lògos (Intelletto). In questo senso va intesa la definizione “Dio è il nulla”: se infatti Dio fosse l’essere e non il nulla, sarebbe in qualche modo vincolato, ma egli è libertà assoluta.

Poiché Dio, come detto, è intelligenza e poiché l’uomo, essendo creatura di questo, partecipa dell'intelletto divino, è naturale che, tra le nostre facoltà, l’intelletto risulti la più importante (primato dell’intelletto sulla volontà).

Dio è assolutamente trascendente ed identificato come Uno, indivisibile e semplice , al di sopra di tutto e punto di massima aspirazione per l’uomo.

L’Uno è inoltre negazione di negazione: “tutte le creature portano in sé una negazione, l’una nega di essere l’altra (in quanto ciascuna si differenzia dalle altre). Dio invece ha una negazione della negazione; egli è Uno e nega tutto il resto, perché niente è al di fuori di Dio”.

Come l’Uno è in tutti i numeri ma non si identifica con nessuno di questi, così Dio è in tutte le creature ma non si identifica con esse. Queste sono create da lui , ma non secondo un rapporto di causa-effetto.

La soluzione di Eckhart al problema del male si avvicina molto a quella agostiniana: il male è distacco dall’Uno-Dio, concepito come Bene assoluto. Quest’ultimo può essere raggiunto dall’uomo in quanto possiede all’interno della sua anima una scintilla divina, che permette appunto il ritorno all’Uno, inteso come una seconda nascita ,eterna.

La nascita avviene nella parte più nobile dell’anima, dove Dio entra direttamente con la sua essenza; per favorire l’unione mistica è però necessario che l’uomo “si mantenga tranquillo”, in uno stato di quiete e di silenzio: è dunque il silenzio il tramite migliore per udire la parola di Dio. E’ anche necessario che l’uomo abbandoni completamente se stesso e le cose.

Ogni opera, compresa la preghiera, è considerata da Eckhart non necessaria, in quanto l’itinerario che porta al ricongiungimento con l’Uno è esclusivamente interiore, mentre le opere sono esterne.