LEOPARDI E "GLI AMICI DI TOSCANA"

Di Sara Batacchi e Anna Grimaldi





La storia dei rapporti, dal 1827 al 1833, tra Giacomo Leopardi, chiamato il Romito degli Appennini da Vieusseux, e la cultura liberal progressista degli intellettuali dell' 'Antologia' è quella di un incontro tanto auspicabile quanto impossibile, per l' assenza di una reale sintonia tra gli interlocutori, dissimulata peraltro dal nascere e dal consolidarsi di amicizie profonde e sincere. Attratto via via respinto da altre città come Roma e Milano, dove aveva trovato come punto di riferimento il Monti e dove operava l' editore Stella, Leopardi aveva guardato alla beata Firenze come ad un' isola di serenità, ma, una volta a contatto con quegli operosi amici, in quel mondo si sentì uno straniero, e non solo per quel "vizio dell' absence...incorreggibile e disperato" (cfr. lett.al Vieusseux del 4.3.1826). Questo profondo disagio matura soprattutto per le divergenze di pensiero che aveva con i componenti del cenacolo fiorentino. Ben tre volte il Vieusseux offrì al Leopardi l' opportunità di collaborare alla Rivista, ma egli rifiutò (crf. ad es. lett. del 2.2.1824). Né è soddisfacente una spiegazione che si richiami alla malferma salute dello scrittore recanatese, se non altro perché quest' ultima non gli impediva i più fatosi e non certo remunerativi lavori per lo Stella. I veri motivi di questo rifiuto vanno ricercati nell' iniziativa politico-culturale del Vieusseux. Questi era inserito in un gruppo culturale impegnato a far prevalere un particolare modello di sviluppo capitalistico; in termini economico-sociali il loro programma puntava all' inserimento dell' Italia nell' area capitalistica attraverso uno sviluppo di tipo agrario, finanziario e commerciale. Un disegno così ambizioso imponeva una forte iniziativa intellettuale. Vieusseux era convinto che una radicale riorganizzazione nel settore culturale fosse condizione necessaria al complessivo processo di sviluppo borghese. Si trattava di dare vita a strutture organiche moderne capaci di offrire spazi reali all' iniziativa politico-culturale. Questo suo programma provocò i primi contrasti con il Giordani, il quale puntava al recupero di funzioni trainanti da parte di una nobiltà risanata, mentre il Vieusseux vedeva l' unica possibilità di riassunzione di un ruolo propulsivo della nobiltà solo in un suo pieno riconoscersi nelle lotte della borghesia. Il contrasto era quindi di fondo e dava luogo ad incompatibilità oggettive: diverse le responsabilità, diverse le funzioni, diversa insomma tutta la concezione del ruolo intellettuale. In sostanza, la prospettiva ideologico-culturale dei moderati toscani, a fianco dei quali il Vieusseux si collocava, era fondata su un preciso progetto di evoluzione riformistico-borghese della società e non poteva perciò confrontarsi nemmeno con il "pensiero di opposizione" (U.Carpi) del Leopardi, al quale d' altra parte neppure potevano interessare i presupposti patici di questo programma: gli interessi tecnico-scientifici, l' impegno pedagogico, l' attenzione ai fenomeni del progresso (crf. ad es. lett. del 29.7.1828 al Giordani; del 5.12. alla Targioni, nonché il 'dialogo di Tristano e di un amico'). La pressione del mondo nuovo che emerge sradica il Leopardi dall' humus ceh la sorte recanatese gli ha imposto. L' autore delle 'Operette' dunque formula un secco no alla prospettiva storica del Vieusseux: della "borghesizzazione" dell' intellettuale (crf. lett. al Vieusseux del 4.3.1826).