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L'UOMO DELL'OTTOCENTO L'ABITANTE DELLA METROPOLI Il
fondamento psicologico su cui sorge la metropoli è l'incremento della
dimensione nervosa dell'esistenza. Così il sociologo e filosofo Georg Simmel
descrisse lo stato di eccitamento cui l'uomo è soggetto nelle grandi città. Ciò
è dovuto ad un cambiamento di prospettiva: l'uomo nella metropoli non può più
reagire in maniera intuitiva, ma è costretto ad adottare una logica maggiore la
cui inevitabile conseguenza diviene l'apatia. Il mondo circostante appare
all'apatico grigio e uniforme, per lui non vale neppure la pena di preferire una
cosa alle altre. Questa disposizione d'animo è il riflesso che ha
sull'individuo l'economia basata sul denaro che diviene il denominatore comune
di tutti i valori, privando le cose del soro vero significato. L'uomo
moderno è così l'uomo della metropoli e per comprenderlo bisogna capire
l'ambiente che lo circonda, in cui la nevrastenia diventa un fenomeno di massa;
occorre quindi per continuare analizzare l'inurbamento in Europa. Inurbamento e urbanizzazione Innanzitutto
vi è una differenza tra inurbamento e urbanizzazione: l'inurbamento indica
l'aumento quantitativo della popolazione urbana nell'insieme della popolazione
nazionale; per urbanizzazione invece si intende quel processo di diffusione di
una forma di vita urbana che include anche altri elementi di modernizzazione
quali la burocratizzazione, la partecipazione politica o la diffusione di mezzi
di comunicazione. Nessuno
di questi due processi in ambito europeo si è prodotto in modo parallelo, anzi
a cavallo tra il XIX e XX secolo si riscontravano grandi differenze tra le varie
zone dell'Europa. In Inghilterra e in Galles ad esempio possiamo trovare un
grande sviluppo urbano che si rispecchiava perfino nella letteratura con romanzi
come Oliver Twist; a confronto di questi paesi l'Europa continentale rimaneva
nettamente arretrata. Il Belgio è l'unico paese che può essere messo a
confronto con quelli del regno unito, in quanto qui il 37%
della popolazione viveva nelle città. La vera spinta verso l'inurbamento
però fu alla fine dell'800, periodo in cui crebbero velocemente le città in
Germania, Italia, Belgio e Paesi Bassi, seguiti più lentamente da Francia e
Spagna. Il processo di inurbamento fu quindi sempre più prodotto dalle grandi
città, anche se in esse mutò ben poco l'ordine gerarchico. Questo grande
sviluppo delle città fu causato da due fattori principali: la crescita della
popolazione e lo sfrenato ritmo dell'industrializzazione. Per quel che riguarda
i rapporti tra sviluppo industriale e inurbamento Werner Sombart avanzò delle
considerazioni: il suo punto di partenza era la considerazione che "una
città vive del surplus della produzione rurale, quindi le sue condizioni di
vita sono dipendenti da questo prodotto in eccesso. La richiesta di eccedenze
agricole della campagna da parte delle città poteva avere basi fondate sullo
scambio di beni e servizi. Inoltre Sombart, nel suo ritratto della città
pre-industriale, distingueva citta-produttrici e città-consumatrici: nel
medioevo esistevano unicamente città del secondo tipo poiché i l'aristocrazia
e il clero cittadino consumavano i loro possedimeti rurali utilizzandoli come
rendite fondiarie; adesso invece è fondamentale il ruolo delle città
produttive dominate dall'industria mineraria e da quella pesante. Egli
riconosceva la loro enorme crescita alla tecnologia legata allo sfruttamento
delle macchine a vapore. La
città industriale è la più propensa ad ingrandirsi, anche se un ruolo
puramente creativo dell'industria lo troviamo solo dove vi erano industrie
minerarie e metallurgiche: qui nacquero città del tutto nuove. Nel XIX secolo
inoltre crebbero anche le città importanti per il commercio e l'amministrazione
come Colonia o Dusseldorf . Lo sviluppo di una città era strettamente legato
anche ai sistemi di trasporti che possedeva. Se in passato un ruolo centrale era
occupato dalle vie d'acqua, adesso esso è stato occupato dalle ferrovie che
permettevano una rapida via di comunicazione, le città dotate di questi servizi
crebbero vertiginosamente, l'esempio
è costituito da città come Stoccarda, Hannover
o Dresda. Un
importanza non poco rilevante nella crescita delle città va attribuita anche
all'immigrazione. I giovani ancora celibi, infatti si spostavano nelle città e
mettevano su famiglia e figli che con la diminuizione del tasso di mortalità
infantile contribuivano alla crescita demografica. L'immigrazione va però
concepita assieme all'assidua emigrazione di alcuni individui dal territorio
urbano: le città non erano affatto punti di arrivo, bensì si trovavano nel
mezzo di un flusso migratorio dovuto alla gigantesca mobilità che coinvolgeva
circa un terzo della popolazione urbana. Protagonisti di questi spostamenti
erano i cosiddetti "immigranti di passaggio", cioè lavoratori
stagionali come muratori che trovavano un occupazione temporanea nella città
per poi abbandonarla. Ma da chi era costituita questa massa di emigranti? Erano
più spesso uomini che donne, singoli, senza famiglia che si spostavano
lasciandosi alle spalle distanze limitate per motivi conosciuti solo
parzialmente. Pianificazione
urbana, amministrazione cittadina, politica comunale Ma
che aspetto avevano le città di cui si è fino ad ora parlato? Chi decideva le
loro fortune? E quale percezione ne avevano i loro abitanti? Espandendosi di
pari passo con l'industrializzazione molte città cercavano di limitarne i danni
al paesaggio con vari abbellimenti, inoltre in tale secolo cominciavano a
diffondersi comodità come l'illuminazione pubblica, l'acqua il gas e la
corrente elettrica. Le questioni dello sviluppo cittadino erano però
eminentemente politiche. A tali questioni partecipavano talvolta anche delle
donne, nonostante le numerose difficoltà che incontravano, in quanto molte città
si rifiutavano di lasciare alle donne anche solo l'incombenza di badare ai
poveri; naturalmente in ciò sussistevano notevoli differenze da stato a stato. Sviluppo e pianificazione delle città I
compiti che la rapida crescita delle città poneva alle loro amministrazioni
riguardavano in primo luogo lo sviluppo degli spazi delle metropoli, che si
erano ampliate a dismisura. Possiamo ricordare ad esempio le iniziative del
barone di Haussmann a Parigi che fece costruire ampi boulevards e incluse le
stazioni nella rete stradale parigina. C'è da dire che all'inizio 800 gran
parte delle città erano attraversabili a piedi nello spazio di poco tempo; a
fine secolo ciò non era più possibile, percui vennero utilizzati mezzi di
trasporto che rendevano più facili i collegamenti, soprattutto dopo la grande
espansione dello spazio cittadino che si era verificata. Si diffusero così le
tranvie, prima a trazione animale poi a trazione elettrica, che favorirono il
processo di suburbanizzazione, rendendo più rapidi gli spostamenti all'interno
di una città sempre più ampia. Il
processo di suburbanizzazione determinò anche mutamenti nella distribuzione
della popolazione; le classi benestanti infatti abitavano sempre più le zone
migliori della città e soprattutto il centro. Se in precedenza era possibile
desumere lo status sociale del cittadino dall'ubicazione del suo appartamento
nella casa (poteva dare sul cortile, sulla strada etc), adesso invece le
differenze di classi sociali non sono più riscontrabili all'interno dello
stesso edificio, bensì nacquero i quartieri adibiti a determinati ceti sociali.
Quartieri operai e quartieri poveri si ampliavano sempre di più facendo così
orientare l'attività edilizia verso i luoghi degli scavi e delle costruzioni
industriali. La
separazione delle classi sociali non era solamente spaziale, ma anche temporale,
in quanto gli i meno nobili vivevano momenti della giornata estranei ai ricchi,
come andare a prendere il primo treno del mattino quando gli altri erano da poco
tornati dopo una lunga notte di balli o una partita a poker. Le masse
lavoratrici, così, rimanevano estranee alla borghesia del luogo che le
avvertiva come una minaccia. L'infrastruttura della metropoli moderna Nel
dibattito viennese sull'architettura Otto Wagner era il maggior rappresentante
del moderno. Per lui la necessità funzionale era l'unica signora dell'arte e la
sua opera da architetto esalta le strutture e i materiali da costruzione
moderni. Esempio di questa tecnica moderna sono la Torre Eiffel, Les Halles e la
Galleria d'Orsai. Accanto a tali modernità va ricordata anche un'altra forma di
modernizzazione come l'introduzione dell'illuminazione elettrica, la fornitura
di acqua, corrente, gas e la diffusione delle tramvie e della metropolitana.
Nella gestione di queste cose quali compiti si assunse il comune e quali delegò
all'impresa privata? All'inizio
erano state le aziende del gas di proprietà privata a fornire l'illuminazione
delle città, che per gli abitanti fu un'esperienza sconvolgente. Inizialmente
erano illuminati solo la stazione, alcune fabbriche, il municipio e un paio di
strade; il resto della città rimaneva nell'oscurità. In seguito poi furono gli
stessi centri urbani, insoddisfatti della fornitura da parte degli enti privati,
a promuovere la comunalizzazione delle aziende del gas. Da questa situazione il
comune, invece di agevolare i cittadini, ottenne buoni profitti, non abbassando
minimamente le tariffe. Anche le centrali dell'acqua, la cui funzione era
anch'essa esercitata dalle amministrazioni cittadine, apparivano economicamente
interessanti, in quanto esse erano di primaria importanza per l'igiene
cittadina, poiché bevendo acqua cattiva si trasmettevano malattie come il
colera o altre malattie intestinali, quindi era preoccupazione
dell'amministrazione garantire ai cittadini buona acqua potabile. In alcune città
ottocentesche come Monaco, Berlino o Francoforte vennero realizzati anche
sistemi di canalizzazione, che tuttavia risultavano inadeguati, poiché l'acqua
che trasportavano non era sufficientemente depurata. Altrove la canalizzazione
si impose molto più gradualmente e terminò solo alla fine degli anni 80. Riforma abitativa e politica socio-sanitaria comunale Quella
relativa all'igiene della città era una questione imprescindibile per tutte le
forze attive nella politica comunale: "l'igiene ormai è il nemico
principale del profitto", così sostenevano gli esperti, tuttavia all'atto
pratico quando l'igiene richiede troppo, in termini inconciliabili con la
produttività economica, essa non è più sostenibile. Intorno al 1900 esisteva
già da molto tempo un congresso internazionale sui problemi dell'igiene e sulla
riforma abitativa. Era necessario, sia per questioni igieniche sia sociali, che
le classi possedenti cedano una somma assicurativa adeguata per proteggersi sia
dalle epidemie che dalle riforme sociali che arriveranno se l'esistenza
animalesca delle classi minori non cambierà. Effettivamente le paure delle
classi borghesi erano fondate, in quanto la mancanza di abitazioni e la grossa
somma per affittarle costringevano i più poveri a condizioni di vita alquanto
disagiate. Le abitazioni venivano considerate sovraffollate solo quando
ospitavano più di cinque persone in una stanza riscaldata che nel 13% delle
abitazioni era una sola. La densità abitativa era quindi mostruosamente
elevata, ed è sorprendente il fatto che in campagna, nonostante la situazione
fosse anche peggiore, non facesse alcuno scalpore. Ciò dimostra che era la
vicinanza delle classi disagiate a scatenare angosce nei riformatori. Gli
obiettivi della riforma in campo abitativo erano innanzitutto la richiesta di
spazio sufficiente per ciascun abitante in termini di aria respirabile, in
seguito si diffuse anche quella dell'abitazione su misura di famiglia, cioè un
appartamento per ogni famiglia con la divisione delle stanze. Ciò doveva
assicurare anche un miglioramento della moralità: non vi sarebbero più stati
coloro che chiedevano alle famiglie operaie ospitalità per la notte, evitando
così anche eventuali rapporti sessuali tra questi ospiti e i membri femminili
della famiglia ospitante. Ciò permetteva di evitare il diffondersi di malattie
e difendeva la moralità delle classi subalterne prive di pudore. Rapidamente
si espanse anche l'assistenza ai poveri gratuita che permetteva all'ospedale di
liberarsi da quella fama di ospizio dei poveri che si era costituita, ed inoltre
si diffuse l'assistenza sanitaria. Nel
settore sanitario in espansione due aspetti sono degni di attenzione. In
primo luogo il centro delle attività si spostò dalla prevenzione delle
epidemie alla lotta contro la mortalità infantile. Le attività assistenziali
si rivolsero ai bambini in età scolastica e ai neonati. Per i ragazzi al di
sopra dei quattordici anni la questione era un po' più complessa. Essi infatti
venivano percepiti come un problema poiché non avevano più il controllo dei
genitori e si crescevano come una sorta di "gioventù metropolitana di
teppisti arroganti e ribelli". Questo problema tuttavia caratterizzerà le
città ancora a lungo… Fascinazione e critica La
genesi e lo sviluppo della metropoli causarono nei suoi abitanti anche
polemiche, critiche e rifiuto. Oltre alle riforme moderate, come quella
abitativa, cui potevano assistere i cittadini, vi erano anche quelle più nette
dovute ad una vera e propria euforia creatrice che non si limitava soltanto
all'architettura, ma approdava ad una visione estremamente ottimista della
grande città. Ciò aveva scatenato una sorta di contro-visione che si sviluppò
in quattro settori distinti: vi era il "romanticismo agrario" che
vedeva nella campagna il luogo del benessere e della felicità; vi era la
"retorica popolare-scientifica" sulla città che considerava
pericolosa per un triplice aspetto: essa eliminava un importante fattore di
selezione proteggendo i deboli; trasportava i migliori abitanti rurali in un
luogo a loro ostile e in cui non potevano garantire profitto come facevano in
campagna; e infine obbligando a mettere al mondo un basso numero di bambini
rischiava di divenire la tomba della razza. Persino i sociologi
criticavano la metropoli e le sue invenzioni: Sombart giudica l'orologio da
polso simbolo della nuova percezione del tempo in continuo calcolare come
l'economia capitalistica e riporta persino la grande differenza tra cultura del
passato e cultura attuale di massa, ben più bassa della prima. Tutte
queste critiche vennero riprese e ampliate nella letteratura come in pittura,
attraverso messaggi che sottolineano l'anonimità nella grande città, riassunta
da Bertolt Brecht nella formula: "sparisci". I quadri degli artisti
adesso rappresentano figure senza volto che si muovono in modo quasi automatico
e incontrandosi non intrattengono alcuna relazione reciproca…anche questa è
una visione della grande città. L'ARTISTA Per
capire il ruolo dell'artista in questo secolo possiamo rifarci alle parole di
Richard Wagner che gli definisce mortali cui era stata concessa un'intuizione
divina. Essi vivevano solo per la propria arte cui si dedicavano in profonda
solitudine per offrire al pubblico la loro opera, ovvero il più nobile dei
beni. Quest'ultimo spesso non apprezzava e si rivelava una massa orrenda fatta
di uomini ignoranti, prepotenti e capricciosi, quasi mai in grado di comprendere
il valore del genio artistico. Queste parole fanno bene intendere quanto l'uomo
d'arte fosse legato al pubblico nella buona e nella cattiva sorte. Né aveva
bisogno come compratore o mecenate, ma necessitava anche della sua adorazione
per essere confermato nella propria divinità. Non poteva esistere senza di
loro, anche se ogni tanto li malediceva poiché lo fraintendevano: era succube
del pubblico, ma odiava questa dipendenza. Spesso gli artisti preferivano
soddisfare una sola persona come un principe piuttosto che la massa, in tal modo
si dovevano limitare a seguire i gusti di uno e non di molti. Nonostante ciò
era sempre più difficile trovare un lavoro a corte, così l'artista si
rivolgeva ad un pubblico moderno influenzato dalla critica e dagli autori
concorrenti. Uno sguardo al passato
Fino
all'età moderna gli artisti si ritenevano degli artigiani che, organizzati in
corporazioni, fabbricavano prodotti, pagati a prezzi fissi dai clienti, sulla
cui qualità vigilava la corporazione. Nel rinascimento ebbe inizio un processo
di separazione tra gli artigiani e gli artisti; si formarono così le accademie
e le opere cominciavano ad essere concepite come un prodotto intellettuale e non
più artigianale, conseguentemente anche l'artista stava entrando a far parte
della sfera erudita della popolazione. Le
prime accademie sorsero in Italia e in Francia. In questi luoghi non c'era più
il rapporto tra maestro e allievo, ma tra professore e studente. Appartenere a
queste accademie significava essere in grado di soddisfare le esigenze dei
committenti, per lo più appartenenti alla nobiltà di corte; gli artisti più
rinomati, poi, furono impiegati presso le corti e dispensati da tutte le fatiche
borghesi. Questo mutamento di ambiente permetteva loro una maggiore libertà
espressiva rispetto alle corporazioni che gli permetteva di esaudire ogni
capriccio, purchè riuscisse a convincerne il signore e a dimostrare la sua
genialità. La
nuova concezione dell'arte: Classicismo e Romanticismo Proprio
nell'800 si svilupparono due movimenti essenziali: Classicismo e Romanticismo. Non
il rendere le cose più belle, ma l'imitazione della natura era la parola
d'ordine grazie a cui aveva origine l'arte per il classicista. Era necessario
cogliere la natura nella sua forma interiore, non tramite una rigida
applicazione di regole, bensì mediante l'immaginazione del genio artistico che
grazie alla sua forza creatrice riusciva a strappare a un oggetto il suo
significante, ciò che lo rendeva interessante. L'arte così diventava creazione
di un'altra natura permeata di intelletto umano che permetteva
"l'innalzamento dello spirito" e la sua catarsi. Sotto questo aspetto
l'arte si copriva di un significato religioso che la rendeva un mondo
sostituitivo a quello religioso: tutto ciò che si perdeva nella vita borghese
poteva essere sviluppato in questo contro-mondo. La
visione romantica, invece si distanziò dal Classicismo ripudiando i concetti
illuministici di utilità e razionalità. Se il Classicismo si occupava della
riconciliazione armonica della lacerazione dell'uomo moderno, il Romanticismo
accentuava tale lacerazione ponendo al centro il caos interiore contro l'ordine
esteriore, il sogno contro la realtà e facendo emergere l'onirico, l'inconscio.
Tra queste due correnti la seconda ebbe senz'altro maggior successo, anche se
veniva vista da artisti classicisti come una regressione, poiché univa in sé
intellettualità e magia, facendo dell'artista colui che poteva perfino dare
l'assoluzione divina. E' però proprio su questo ruolo quasi divino che
Classicismo e Romanticismo si incontrano. L'artista, il suo mondo e l'ambiente circostante E'
vero sì che l'artista possedeva un talento innato, ma è altrettanto vero che
esso si dovesse formare per intraprendere al meglio la sua carriera. Tale
formazione consisteva in viaggi, colloqui, introspezioni e riflessioni, insomma
tutti eventi che tenevano distante il genio dal mondo borghese. Questo processo
è assai importante per definire le scelte di ogni artista ed è perciò spesso
rappresentato dall'artista stesso. Oltre a questo momento essenziale nella vita
di ogni uomo d'arte ve ne erano molti altri, alcuni veri, altri frutto della
tradizione. Tutti conosciamo gli artisti più importanti come uomini che hanno
sofferto tutta la vita rimanendo nel disprezzo del pubblico per poi essere
riconosciuti da esso solo dopo la morte. Lo scopo di questi topoi era quello di
presentare l'artista come una persona fuori dal comune la cui idealità lo
elevava al di sopra della massa borghese. Questo (auto)ritratto era già stato
preparato e coltivato dagli artisti di corte, in aggiunta fu poi posto l'accento
anche sulla libertà intellettuale per cui il genio produceva solo quelle che
voleva lui e che gli era stato dettato dal profondo. Questi
stereotipi di vita solitaria si sono sviluppati secondo tre modelli che
descrivono anche il rapporto tra l'artista e il suo pubblico:1) l'artista come
genio misconosciuto e disprezzato che si offre in sacrificio per la sua arte.2)
L'artista inserito in una piccola comunità di iniziati che riconoscono il suo
genio, seppure la società lo disprezza ancora.3) l'artista come principe al
quale i sudditi si inchinano esaltandolo come un dio. In questo caso la
comunicazione tra genio e pubblico funzionava poiché quest'ultimo si mostrava
maturo e sensibile. Mecenati Oltre
a questi 3 modelli esisteva anche l'artista di corte che era vincolato al suo
mecenate non molto differente dai precedenti despota. Questo non era un
oltraggio per l'artista, bensì una forma essenziale di sostentamento, infatti
erano pochi coloro che riuscivano a cavarsela senza il sostegno di un
benefattore che li manteneva. Associazioni artistiche e mercato dell'arte In
molte città nell'800 furono fondate associazioni artistiche che organizzavano
concerti o altre attività e che mettevano a disposizione degli artisti il
ricavato di tali eventi. Queste associazioni, cui appartenevano uomini della
borghesia colta, si distinguevano dalle precedenti poiché si concentravano
intorno ad un unico artista. Ad esse si contrapponevano altre associazioni che
invece cercavano di diffondere l'arte nelle facoltose classi medie, e ad esse
facevano ricorso gli artisti meno noti cercando di lanciare le proprie opere. La
crescente solerzia artistica della borghesia era un dato di fatto, sia frutto
del portafogli più gonfio che permetteva loro di spendere soldi per l'arte, sia
frutto del valore che l'arte aveva acquisito nell'universo dei valori borghesi.
A ciò contribuirono nuovi mezzi di diffusione come riviste di arte per
famiglie, storici e critici dell'arte che stabilirono una rete letteraria
europea. Questo fatto turbò molto gli artisti che adesso dipendevano unicamente
dalla critica, poiché era essa a guidare la massa che si limitava a leggere dei
quadri e a guardarli dal punto di vista intellettuale, privo di sensazioni. Ciò
comunque riuscì a ingrandire il mercato dell'arte permettendo bene o male a
tutti gli artisti di mantenersi, così crolla il topos dell'artista che conduce
una vita piena di affanni, e anche se pochi riuscivano a raggiungere la notorietà,
tuttavia erano pochi gli artisti che rischiavano di morire di fame, anzi si
avvicinavano al tenore di vita della media borghesia e ciò permetteva loro di
frequentare gli stessi ambienti dei professionisti, dei medici, dei professori e
degli industriali medi. Questo dimostra come l'artista non intenda affatto
abbandonare le comodità della vita borghese, anzi intenda ricercarle. Come
si è giunti allora a coltivare un'immagine dell'artista così differente dalla
realtà? Probabilmente furono gli stessi borghesi a diffondere queste credenze,
poiché se l'arte doveva diventare un sostituto della religione, allora doveva
essere qualcosa di unico e separato dalla vita quotidiana, e come tale anche
l'artista doveva far parte di questo mondo a se. Così in un'epoca in cui non
c'erano stelle del cinema o dello sport gli artisti assunsero il ruolo di dare
pubblico scandalo, non rifacendosi ai canoni borghesi, portando davanti
all'opinione pubblica uno spettacolo, come diceva Frederich Nietszche, una
recita della"falsità con la coscienza pulita". E il pubblico la
applaudiva. Artiste
donne? Nel
mondo dello spettacolo le donne potevano esibirsi come cantanti, ballerine o
potevano suonare il pianoforte, ma non comporre musica, poiché la creazione
poteva essere soltanto maschile, tutto al più potevano attuarla. Le esecuzioni
musicali al femminile avvenivano sempre tra le mura domestiche della borghesia
in cui si trovava quasi sempre un pianoforte a cui le donne venivano invitate
fin da piccole per imparare ad apprendere la musica: le lezioni di piano erano
un elemento irrinunciabile nell'educazione delle fanciulle borghesi, tuttavia
esso non poteva mai trasformarsi in una carriera vera e propria, poiché le
donne erano solo delle dilettanti, gli uomini erano dei virtuosi. Qualsiasi
donna aveva delle intenzioni serie veniva spesso scoraggiata dagli stereotipi
sessuali della propria epoca che giudicava le produzioni al femminile come
"lavori da donnetta"; a loro era proibito anche studiare in
un'accademia. Sostenute dal movimento femminista, però, cominciarono a farsi
forza e ad allestire le prime mostre per migliorare il gusto del pubblico
femminile. Le donne molto più raramente degli uomini erano elogiate, o
accettate nella legion d'onore, ciò perché i generi di pittura al femminile
erano tipologie non soggette a riconoscimenti: i dipinti ad olio erano un genere
maschile, le donne invece adottavano acquerelli, pastelli o matite; ritraedo
argomenti paesaggistici o nature morte, ma mai nessun quadro di argomento
storico. Rispetto alle altre professioni, tutto sommato la carriera artistica
era per una donna molto più fattibile delle professioni accademiche da cui
erano del tutto escluse. Musicisti e compositori L'importanza
della musica nell'800 è rilevante infatti essa, assieme alla poesia, si
collocava fra le arti al primo posto sia in Germania che in Italia. Essa era
importante persino tra gli operai. Degna di nota però in questo campo è
l'auto-organizzazione della borghesia. All'inizio del XIX secolo si fondarono
ovunque associazioni borghesi di amici della musica e cominciò a diffondersi la
stampa musicale. Vi fu anche un cambiamento da parte del pubblico che adesso non
vede più la musica come una cosa in che si può affiancare alle conversazioni o
ad altri momenti, bensì la concepisce come attività totalizzante
che merita tutta l'attenzione da parte dell'ascoltatore. Ciò si mostrò
anche nella mutazione della forma del genere musicale che si avvicinava sempre
più alla forma di concerto. Crebbe anche l'importanza per l'artefice
dell'opera: il compositore prese il sopravvento sul direttore d'orchestra e
sugli interpreti; egli imponeva il modo in cui il suo lavoro doveva essere
eseguito e pretendeva che ci si attenesse alle sue indicazioni, insomma gli
interpreti erano importanti, ma non dovevano essere al centro della
rappresentazione. Fu proprio questo il motivo che fece sprofondare l'orchestra
nella buca orchestrale, totalmente sottratta allo sguardo dello spettatore. Il
rapporto tra compositore e pubblico era molto più distaccato di quello tra gli
artisti figurativi e i loro committenti, anche se entrambi producevano opere su
commissione, tuttavia la musica parlava più direttamente al pubblico tanto che
essa rimase sempre un'arte sensitiva anche per Wagner. Il compositore era
pertanto alchimista dei suoni, egli estasiava il suo pubblico, lo entusiasmava e
lo faceva tornare in se solo dopo l'ultimo accordo. L'INGEGNERE Figura
chiave dell'industrializazzione l'ingegnere riveste un ruolo molto importante in
quest'ultima. Nei suoi mutamenti di ruolo si possono cogliere le varie fasi del
processo industriale. Adesso con la creazione di nuovi settori come quello
chimico o meccanico, di spazi di produzione inediti, di nuovi metodi produttivi,
si necessita di una nuova figura che organizzi e metta in moto questo nuovo
ingranaggio, poiché la semplice combinazione tra datori di lavoro e lavoratori
non bastava più. I datori di lavoro a poco a poco furono costretti a delegare
la loro autorità nelle fabbriche prima ai capi reparto, poi agli ingegneri. Lo status degli ingegneri: tra militari e burocrazia Forti
di una cultura scientifica e tecnica i primi ingegneri erano prevalentemente
amministratori, alti funzionari e ufficiali dell'esercito, infatti inizialmente
il termine ingegnere non si rapportava a un titolo, ma a un grado nei corpi
militari dello stato. I
ruoli dell'ingegnere erano di organizzare e supervisionare i servizi
indispensabili al buon funzionamento statale, così l'ingegnere in servizio
esaminava i progetti delle imprese private per contratti di finalità pubblica,
sorvegliava i lavori, poi la manutenzione e le riparazioni: un ruolo
fondamentale che nessuno poteva aggirare. Per
la difficoltà all'accesso delle scuole di ingegneria inizialmente ricoprirono
questo status solo i rappresentanti delle elites dirigenti nell'apparato
pubblico. Nel 1899 le scuole superiori tecniche ebbero il diritto di assegnare
dottorati paragonabili a quelli di alti funzionari della giustizia e
dell'amministrazione. Soltanto pochissimi di questi ingegneri-militari si
consacravano all'industria privata abbandonando il settore pubblico, poiché non
erano sicuri del reddito che potesse garantirgli. Ingegnere civile e impresa privata E'
proprio in contrapposizione a questi ingegneri militari che si forma il concetto
di ingegnere civile. A fianco degli ingegneri funzionari nacquero, prima in
Inghilterra, poi nel resto del mondo, gli ingegneri responsabili della
produzione industriale; le enciclopedie francesi li distinguevano in quattro
tipi: ingegneri Meccanici, idrografi, ottici e farmacisti. Bisogna però
attendere la fine degli anni trenta affinchè l'ingegnere burocrate passi in
secondo piano, dal momento che ormai il protagonista era l'ingegnere del settore
privato che faceva muovere il progresso. Le
crescenti necessità dell'industria determinarono una richiesta sempre maggiore
di questi professionisti che diventarono sempre più specializzati nelle diverse
discipline Ingegnere e dirigente Oltre
che un buon tecnico l'ingegnere doveva essere anche un buon dirigente, infatti spesso il datore di lavoro delegava
anche le responsabilità del benessere materiale e morale dei suoi operai;
insomma tutte le responsabilità del padrone ricadevano anche sui suoi
ingegneri, a tal punto che entrambi erano i responsabili dell'impresa e entrambi
la governavano come un ufficiale può governare una nave . Formazione professionale Le
idee sulla formazione degli ingegneri variano a seconda delle differenti culture
europee. La Gran Bretagna ha sempre privilegiato le formazioni nelle università
come Oxford e Cambridge. In Belgio gli ingegneri industriali erano formati nelle
Ecoles des Arts et Manifactures, ma anche nelle due più grandi università del
paese. L'istruzione più importante però rimaneva quella dell'Ecole dove oltre
a competenze tecniche e scientifiche li venivano date anche nozioni di carattere
industriale; conoscevano dunque la fisica e avevano competenze sull'elettrolisi,
le forze elettromotrici, le industrie dei metalli, dei trasporti e delle
comunicazioni. Nello
stesso periodo a Parigi aprirono scuole altamente specializzate; all'alba della
prima guerra mondiale queste suole formavano circa 200 ingegneri l'anno. "Curricola" di formazione e riproduzione delle elites I
curricola di questi ingegneri sono di fondamentale importanza poichè
ci rivelano anche i progressi della modernità nei vari ambiti. Da
sottolineare è anche il fatto che la società industriale trova le sue radici
in una forte idea alternativa all'aristocrazia: la meritocrazia, ovvero
l'enfatizzazione dei talenti a scapito dei privilegi di nascita. Nonostante la
nascita e la fortuna non fossero più considerate sufficienti all'esercizio
delle responsabilità direttive, tuttavia continuavano a contribuirvi
ampiamente. Le scuole ingegneristiche infatti erano solo raramente dei
trampolini di lancio per i gruppi sociali senza potere politico o economico; e
gli eredi delle famiglie industriali non facevano altro che confermare la regola
secondo la quale dovevano essere studenti di successo. Il consolidamento di
grandi dinastie per oltre tre generazioni era così assicurato e se la mobilità
sociale esisteva era solo grazie all'azione degli istituti di formazione
intermedia. Professione Naturalmente
l'estensione della grande impresa ha rafforzato il potere dell'ingegnere e ha
moltiplicato i servizi la cui responsabilità gli veniva affidata. Una delle
difficoltà attuali per lo studio di questa figura è quella di separare le sue
funzioni sia nel pubblico che nel privato, nei posti di proprietà delle imprese
e in quelli sotto la loro direzione. I settori in crescita richiedevano la
necessità di ingegneri, e fra questi la meccanica, la produzione delle
macchine, la chimica, il gas, l'elettricità, l'edilizia e le ferrovie; in altri
settori invece come la metallurgia e il settore minerario è stabile;
nell'ambito dell'agronomia e del tessile è invece in calo. Ciò non è altro
che lo specchio della gerarchia dei settori portanti. L'ingegnere delle ferrovie Il
prototipo dell'ingegnere scisso nelle sue mansioni tra il servizio per lo stato
e quello per l'industria privata è rappresentato dall'ingegnere delle ferrovie.
Se nel campo ferroviario vi erano mansioni già conosciute come il
terrazzamento, la costruzione di ponti, di tunnel o viadotti, tuttavia venivano
delegate all'ingegnere anche altre mansioni collegate più strettamente alla
costruzione, alla manutenzione e allo sfruttamento delle reti ferroviarie. I
progressi ingegneristici furono riscontrabili anche nell'ambito della sicurezza
che provvedette a modificare sagome di carico
e scartamenti ferroviari che, collocati in modo approssimativo causavano
deragliamenti. Vennero modificati anche i materiali da costruzione dei ponti che
abbandonarono il legno il quale era facilmente incendiabile, ma utilizzavano
nuovi acciai, e i contratti per acquistarli venivano fatti sempre sotto l'occhio
di un ingegnere, figura cui spetta anche il merito dell'adozione dei
combustibili. L'ingegnere delle industrie meccaniche e metallurgiche Non
esistono però solamente i settori come la produzione, ma esistono anche nuove
vie come i servizi commerciali e amministrativi parallele alla produzione.
Questi posti sono più ambiti rispetto ai servizi tecnici, poiché più puliti e
meno fastidiosi. Qui inoltre gli ingegneri sono costretti a confrontarsi con
altri diplomati insieme ai quali possono intrattenere relazioni umane più
diversificate. Professione e protezione del titolo Per
lungo tempo il possesso del titolo di ingegnere fu monopolio dello stato, che
stabiliva le condizioni di reclutamento, di formazione e di assunzione delle
funzioni. Del resto l'idea di passare al servizio privato, di vendersi in cambio
di un onorario molto elevato, aveva una connotazione negativa. L'espansione
dell'industrializzazione vide la moltiplicazione dei luohi di formazione e di
professionalizzazione , e il riconoscimento sociale di chi aveva conseguito
questi diplomi. Entrambe queste evoluzioni avvennero tra le due guerre. Lo
sviluppo trovò la sua conclusione in Francia con la protezione del titolo di
ingegnere: l'autentico ingegnere era colui che aveva ottenuto il diploma in una
scuola riconosciuta dallo stato, se pubblica, o da una commissione ad hoc, se
privata. Gli autodidatti dovevano sostenere
un esame in uno speciale istituto pubblico. Ormai il titolo ingegnere
rappresentava un titolo di studio, una professione e un posto nella gerarchia
sociale e nella gerarchia industriale dove gli ingegneri occupavano un posto
molto rilevante. IL MEDICO La
figura del medico emanava già dall'800 un carisma particolare a causa dello
status di esperto sociale e di demiurgo attribuitogli. L'innegabile successo di
questa professione però non è dovuto ad un miglioramento tecnico, bensì alle
notevoli difficoltà che questa professione dovette affrontare a metà del
secolo: il numero dei medici aumentava, ma chi si poteva permettere di pagare i
loro onorari erano sempre meno. Al di là dell'effetto acceleratore della volontà
da parte dello stato di curare meglio i propri cittadini, vi fu anche la
diffusione dell'interesse per questa professioni in ambienti sociali sempre più
estesi, anche se una forte limitazione era costituita dai corsi di studio che
richiedevano spese considerevoli. Per
un medico le condizioni variavano a seconda che esercitasse in campagna o in
città; essi infatti disdegnavano le campagne poiché non vi trovavano
condizioni favorevoli: il pagamento spesso si effettuava in natura, dopo i
raccolti, e spesso per il prezzo più concorrenziale il contadino preferiva un
praticone o un ciarlatano. In città invece le difficoltà erano minori, ed
erano dovute essenzialmente alla concorrenza tra medici, la quale favoriva anche
strategie commerciali sospette in cui medici e farmacisti collaboravano per
irretire i pazienti: il medico offriva consulenze a buon mercato nelle quali
prescriveva il medicinale più costoso per poi spartire il guadagno col
farmacista che vendeva la medicina al paziente. Oggi risulta davvero difficile
fare una stima delle entrate dei medici, ma possiamo ipotizzare che esse
variassero dalle 300 sterline alle 700, senza contare chi superava di gran lunga
queste cifre. A metà secolo però i medici ebbero gravi difficoltà poiché non
riuscivano a convincere i malati della loro efficacia terapeutica che di fronte
a bacilli come il colera veniva rimessa del tutto in discussione. I medici,
inoltre, avevano vari tipi di concorrenza: Una di esse era quella dei medici
illegali, un'altra dalle sette come i medici omeopati, e l'altra dagli speziali
e dai chimici che si impadronirono del commercio farmaceutico, cercando di
sottrarre al medico la prescrizione del farmaco. Rimaneva infine la concorrenza
dei ciarlatani che si istruivano tramite la letteratura divulgativa di argomento
medico che nell'800 raggiunse punte altissime. La risposta per combattere queste
forme di concorrenza fu anzitutto la specializzazione e a seguire l'entrata
nelle funzioni pubbliche che era accessibile a un gran numero di professionisti:
Gli incarichi part-time, come le vaccinazioni, si moltiplicarono, contribuendo
così all'idea che la medicina potesse essere un servizio pubblico come
l'istruzione. Questa prospettiva fu all'origine della nascita delle
organizzazioni professionali mediche su scala nazionale: la figura del medico
nacque così da questa costruzione volontaria piuttosto che dalla capacità di
imporsi spontaneamente. Le società mediche proliferavano, denunciando allo
stesso tempo la saturazione, e per rimediare ciò proclamavano una lotta sempre
più serrata ai guaritori e ai praticoni. Così la professione medica non scaturì
da una scienza in pieno sviluppo, ma da una situazione da cui seppe trarre
vantaggio. Anche le riforme politiche e sociali favorirono questa classe facendo
intensificare la loro attività negli strati sociali medi e agiati, ma anche in
quelli più bassi grazie allo stato che vide l'assistenza medica come un modo
per ristabilire la pace sociale e per "civilizzare" una classe
ritenuta barbara e selvaggia. All'incremento
dei guadagni della classe medica non furono estranee anche le assicurazioni
sociali che si basavano sulle quote dei membri che disponevano di un reddito
stabile. Finalmente il 15 luglio 1893 venne istituita una legge che garantiva
l'assistenza medica gratuita per tutti i cittadini privi di mezzi (e si guardava
bene dal definire chi fosse privo di mezzi). Malgrado le lamentele, anche i
medici ne trassero profitto, non rimettendoci sul piano economico e rafforzando
l'esercizio della loro professione. Insomma il rapporto tra medico e paziente
stava cambiando, e se prima era il paziente ricco a comandare e il medico a
obbedire, adesso è il medico a imporre e il paziente a obbedire. Inoltre il
medico diventava sempre più presente agli avvenimenti importanti della vita,
quali la nascita o la morte. Il
medico i generale aveva una grande esperienza teorica, ma gli mancava la
pratica, per questo restarono soprattutto dei letterati e umanisti che facevano
più parte della borghesia intellettuale più che degli scienziati o
specialisti. Ritornando
al rapporto tra il medico e il suo paziente esso stava mutando anche all'interno
degli ospedali; non esistevano infatti più colloqui privati tra medico e
paziente, ma ad essi si sostituivano i colloqui tra il paziente e una équipe
gerarchizzata che portò la medicina ad essere sempre più anonima ed
impersonale. Il simbolo di ciò è la visita del primario che mostra ai suoi
assistenti il paziente come un caso di studio. Ciò però accadeva nelle
cliniche private, in quelle pubbliche invece le cose andavano diversamente. I
principali pazienti di queste cliniche erano infatti nobili che, attratti dalle
nuove possibilità della medicina moderna, non volevano più essere mescolati
con "persone che soffrivano di miseria più che di una reale
malattia". La
medicina nell'ottocento servì anche a combattere grandi malattie come la
tubercolosi che per far sì che si potesse curare era necessario far rispettare
alcune norme igieniche e comportamentali al malato. In questo caso la funzione
del medico era più sociale e morale che terapeutica. Ciò obbligava il medico
ad entrare nella sfera privata del paziente, compito che fu delegato ad un
personale femminile di più modesta estrazione sociale. Allo stesso modo il
medico ordinario fu privato di una parte consistente dei suoi compiti; si favorì
così sempre più la specializzazione che fece crescere smoderatamente le
ambizioni dei medici, i quali vollero estendere la loro influenza su tutta la
società, avanzando folli ambizioni sulla gestione di vita degli individui della
società. Anche
in ambito politico i medici ebbero grande successo e ciò dimostra la loro forte
volontà di ascesa sociale. Nell'ambito della medicina pubblica è da
sottolineare anche la nascita dei ticket modérateur: ogni paziente possedente
una mutua riceveva un carnet di ticket che staccava al medico dopo la visita.
Ogni mese il medico trasmetteva i ticket ricevuti alla società mutualistica che
gli versava la somma corrispondente. Fino ad allora gratuito, il carnet poi
divenne a pagamento. Considerando
tutti gli aspetti l'opinione pubblica attribuì al medico il ruolo di
personaggio potente ascoltato e rispettato ovunque. Egli però differiva da
questa visione e si presentava come una persona eternamente sfruttata dallo
stato e dai servizi sociali, disprezzato dalla borghesia e schernito dai malati.
Nonostante questo forte scarto tra realtà e percezione il medico rimaneva
sempre un rappresentante delle classi medio-alte e come tale raggiunse il suo
status rivendicando il proprio ruolo all'interno della società. |