L'UOMO DELL'OTTOCENTO

 

L'ABITANTE DELLA METROPOLI

Il fondamento psicologico su cui sorge la metropoli è l'incremento della dimensione nervosa dell'esistenza. Così il sociologo e filosofo Georg Simmel descrisse lo stato di eccitamento cui l'uomo è soggetto nelle grandi città. Ciò è dovuto ad un cambiamento di prospettiva: l'uomo nella metropoli non può più reagire in maniera intuitiva, ma è costretto ad adottare una logica maggiore la cui inevitabile conseguenza diviene l'apatia. Il mondo circostante appare all'apatico grigio e uniforme, per lui non vale neppure la pena di preferire una cosa alle altre. Questa disposizione d'animo è il riflesso che ha sull'individuo l'economia basata sul denaro che diviene il denominatore comune di tutti i valori, privando le cose del soro vero significato.

L'uomo moderno è così l'uomo della metropoli e per comprenderlo bisogna capire l'ambiente che lo circonda, in cui la nevrastenia diventa un fenomeno di massa; occorre quindi per continuare analizzare l'inurbamento in Europa.

Inurbamento e urbanizzazione

Innanzitutto vi è una differenza tra inurbamento e urbanizzazione: l'inurbamento indica l'aumento quantitativo della popolazione urbana nell'insieme della popolazione nazionale; per urbanizzazione invece si intende quel processo di diffusione di una forma di vita urbana che include anche altri elementi di modernizzazione quali la burocratizzazione, la partecipazione politica o la diffusione di mezzi di comunicazione.

Nessuno di questi due processi in ambito europeo si è prodotto in modo parallelo, anzi a cavallo tra il XIX e XX secolo si riscontravano grandi differenze tra le varie zone dell'Europa. In Inghilterra e in Galles ad esempio possiamo trovare un grande sviluppo urbano che si rispecchiava perfino nella letteratura con romanzi come Oliver Twist; a confronto di questi paesi l'Europa continentale rimaneva nettamente arretrata. Il Belgio è l'unico paese che può essere messo a confronto con quelli del regno unito, in quanto qui il 37%  della popolazione viveva nelle città. La vera spinta verso l'inurbamento però fu alla fine dell'800, periodo in cui crebbero velocemente le città in Germania, Italia, Belgio e Paesi Bassi, seguiti più lentamente da Francia e Spagna. Il processo di inurbamento fu quindi sempre più prodotto dalle grandi città, anche se in esse mutò ben poco l'ordine gerarchico. Questo grande sviluppo delle città fu causato da due fattori principali: la crescita della popolazione e lo sfrenato ritmo dell'industrializzazione. Per quel che riguarda i rapporti tra sviluppo industriale e inurbamento Werner Sombart avanzò delle considerazioni: il suo punto di partenza era la considerazione che "una città vive del surplus della produzione rurale, quindi le sue condizioni di vita sono dipendenti da questo prodotto in eccesso. La richiesta di eccedenze agricole della campagna da parte delle città poteva avere basi fondate sullo scambio di beni e servizi. Inoltre Sombart, nel suo ritratto della città pre-industriale, distingueva citta-produttrici e città-consumatrici: nel medioevo esistevano unicamente città del secondo tipo poiché i l'aristocrazia e il clero cittadino consumavano i loro possedimeti rurali utilizzandoli come rendite fondiarie; adesso invece è fondamentale il ruolo delle città produttive dominate dall'industria mineraria e da quella pesante. Egli riconosceva la loro enorme crescita alla tecnologia legata allo sfruttamento delle macchine a vapore.

La città industriale è la più propensa ad ingrandirsi, anche se un ruolo puramente creativo dell'industria lo troviamo solo dove vi erano industrie minerarie e metallurgiche: qui nacquero città del tutto nuove. Nel XIX secolo inoltre crebbero anche le città importanti per il commercio e l'amministrazione come Colonia o Dusseldorf . Lo sviluppo di una città era strettamente legato anche ai sistemi di trasporti che possedeva. Se in passato un ruolo centrale era occupato dalle vie d'acqua, adesso esso è stato occupato dalle ferrovie che permettevano una rapida via di comunicazione, le città dotate di questi servizi crebbero vertiginosamente,  l'esempio è costituito da città come Stoccarda, Hannover  o Dresda.

Un importanza non poco rilevante nella crescita delle città va attribuita anche all'immigrazione. I giovani ancora celibi, infatti si spostavano nelle città e mettevano su famiglia e figli che con la diminuizione del tasso di mortalità infantile contribuivano alla crescita demografica. L'immigrazione va però concepita assieme all'assidua emigrazione di alcuni individui dal territorio urbano: le città non erano affatto punti di arrivo, bensì si trovavano nel mezzo di un flusso migratorio dovuto alla gigantesca mobilità che coinvolgeva circa un terzo della popolazione urbana. Protagonisti di questi spostamenti erano i cosiddetti "immigranti di passaggio", cioè lavoratori stagionali come muratori che trovavano un occupazione temporanea nella città per poi abbandonarla. Ma da chi era costituita questa massa di emigranti? Erano più spesso uomini che donne, singoli, senza famiglia che si spostavano lasciandosi alle spalle distanze limitate per motivi conosciuti solo parzialmente.

Pianificazione urbana, amministrazione cittadina, politica comunale

Ma che aspetto avevano le città di cui si è fino ad ora parlato? Chi decideva le loro fortune? E quale percezione ne avevano i loro abitanti? Espandendosi di pari passo con l'industrializzazione molte città cercavano di limitarne i danni al paesaggio con vari abbellimenti, inoltre in tale secolo cominciavano a diffondersi comodità come l'illuminazione pubblica, l'acqua il gas e la corrente elettrica. Le questioni dello sviluppo cittadino erano però eminentemente politiche. A tali questioni partecipavano talvolta anche delle donne, nonostante le numerose difficoltà che incontravano, in quanto molte città si rifiutavano di lasciare alle donne anche solo l'incombenza di badare ai poveri; naturalmente in ciò sussistevano notevoli differenze da stato a stato.

Sviluppo e pianificazione delle città

I compiti che la rapida crescita delle città poneva alle loro amministrazioni riguardavano in primo luogo lo sviluppo degli spazi delle metropoli, che si erano ampliate a dismisura. Possiamo ricordare ad esempio le iniziative del barone di Haussmann a Parigi che fece costruire ampi boulevards e incluse le stazioni nella rete stradale parigina. C'è da dire che all'inizio 800 gran parte delle città erano attraversabili a piedi nello spazio di poco tempo; a fine secolo ciò non era più possibile, percui vennero utilizzati mezzi di trasporto che rendevano più facili i collegamenti, soprattutto dopo la grande espansione dello spazio cittadino che si era verificata. Si diffusero così le tranvie, prima a trazione animale poi a trazione elettrica, che favorirono il processo di suburbanizzazione, rendendo più rapidi gli spostamenti all'interno di una città sempre più ampia.

Il processo di suburbanizzazione determinò anche mutamenti nella distribuzione della popolazione; le classi benestanti infatti abitavano sempre più le zone migliori della città e soprattutto il centro. Se in precedenza era possibile desumere lo status sociale del cittadino dall'ubicazione del suo appartamento nella casa (poteva dare sul cortile, sulla strada etc), adesso invece le differenze di classi sociali non sono più riscontrabili all'interno dello stesso edificio, bensì nacquero i quartieri adibiti a determinati ceti sociali. Quartieri operai e quartieri poveri si ampliavano sempre di più facendo così orientare l'attività edilizia verso i luoghi degli scavi e delle costruzioni industriali.

La separazione delle classi sociali non era solamente spaziale, ma anche temporale, in quanto gli i meno nobili vivevano momenti della giornata estranei ai ricchi, come andare a prendere il primo treno del mattino quando gli altri erano da poco tornati dopo una lunga notte di balli o una partita a poker. Le masse lavoratrici, così, rimanevano estranee alla borghesia del luogo che le avvertiva come una minaccia.

L'infrastruttura della metropoli moderna

Nel dibattito viennese sull'architettura Otto Wagner era il maggior rappresentante del moderno. Per lui la necessità funzionale era l'unica signora dell'arte e la sua opera da architetto esalta le strutture e i materiali da costruzione moderni. Esempio di questa tecnica moderna sono la Torre Eiffel, Les Halles e la Galleria d'Orsai. Accanto a tali modernità va ricordata anche un'altra forma di modernizzazione come l'introduzione dell'illuminazione elettrica, la fornitura di acqua, corrente, gas e la diffusione delle tramvie e della metropolitana. Nella gestione di queste cose quali compiti si assunse il comune e quali delegò all'impresa privata?

All'inizio erano state le aziende del gas di proprietà privata a fornire l'illuminazione delle città, che per gli abitanti fu un'esperienza sconvolgente. Inizialmente erano illuminati solo la stazione, alcune fabbriche, il municipio e un paio di strade; il resto della città rimaneva nell'oscurità. In seguito poi furono gli stessi centri urbani, insoddisfatti della fornitura da parte degli enti privati, a promuovere la comunalizzazione delle aziende del gas. Da questa situazione il comune, invece di agevolare i cittadini, ottenne buoni profitti, non abbassando minimamente le tariffe. Anche le centrali dell'acqua, la cui funzione era anch'essa esercitata dalle amministrazioni cittadine, apparivano economicamente interessanti, in quanto esse erano di primaria importanza per l'igiene cittadina, poiché bevendo acqua cattiva si trasmettevano malattie come il colera o altre malattie intestinali, quindi era preoccupazione dell'amministrazione garantire ai cittadini buona acqua potabile. In alcune città ottocentesche come Monaco, Berlino o Francoforte vennero realizzati anche sistemi di canalizzazione, che tuttavia risultavano inadeguati, poiché l'acqua che trasportavano non era sufficientemente depurata. Altrove la canalizzazione si impose molto più gradualmente e terminò solo alla fine degli anni 80.

Riforma abitativa e politica socio-sanitaria comunale

Quella relativa all'igiene della città era una questione imprescindibile per tutte le forze attive nella politica comunale: "l'igiene ormai è il nemico principale del profitto", così sostenevano gli esperti, tuttavia all'atto pratico quando l'igiene richiede troppo, in termini inconciliabili con la produttività economica, essa non è più sostenibile. Intorno al 1900 esisteva già da molto tempo un congresso internazionale sui problemi dell'igiene e sulla riforma abitativa. Era necessario, sia per questioni igieniche sia sociali, che le classi possedenti cedano una somma assicurativa adeguata per proteggersi sia dalle epidemie che dalle riforme sociali che arriveranno se l'esistenza animalesca delle classi minori non cambierà. Effettivamente le paure delle classi borghesi erano fondate, in quanto la mancanza di abitazioni e la grossa somma per affittarle costringevano i più poveri a condizioni di vita alquanto disagiate. Le abitazioni venivano considerate sovraffollate solo quando ospitavano più di cinque persone in una stanza riscaldata che nel 13% delle abitazioni era una sola. La densità abitativa era quindi mostruosamente elevata, ed è sorprendente il fatto che in campagna, nonostante la situazione fosse anche peggiore, non facesse alcuno scalpore. Ciò dimostra che era la vicinanza delle classi disagiate a scatenare angosce nei riformatori.

Gli obiettivi della riforma in campo abitativo erano innanzitutto la richiesta di spazio sufficiente per ciascun abitante in termini di aria respirabile, in seguito si diffuse anche quella dell'abitazione su misura di famiglia, cioè un appartamento per ogni famiglia con la divisione delle stanze. Ciò doveva assicurare anche un miglioramento della moralità: non vi sarebbero più stati coloro che chiedevano alle famiglie operaie ospitalità per la notte, evitando così anche eventuali rapporti sessuali tra questi ospiti e i membri femminili della famiglia ospitante. Ciò permetteva di evitare il diffondersi di malattie e difendeva la moralità delle classi subalterne prive di pudore.

Rapidamente si espanse anche l'assistenza ai poveri gratuita che permetteva all'ospedale di liberarsi da quella fama di ospizio dei poveri che si era costituita, ed inoltre si diffuse l'assistenza sanitaria.

Nel settore sanitario in espansione due aspetti sono degni di attenzione.

In primo luogo il centro delle attività si spostò dalla prevenzione delle epidemie alla lotta contro la mortalità infantile. Le attività assistenziali si rivolsero ai bambini in età scolastica e ai neonati. Per i ragazzi al di sopra dei quattordici anni la questione era un po' più complessa. Essi infatti venivano percepiti come un problema poiché non avevano più il controllo dei genitori e si crescevano come una sorta di "gioventù metropolitana di teppisti arroganti e ribelli". Questo problema tuttavia caratterizzerà le città ancora a lungo…

Fascinazione e critica

La genesi e lo sviluppo della metropoli causarono nei suoi abitanti anche polemiche, critiche e rifiuto. Oltre alle riforme moderate, come quella abitativa, cui potevano assistere i cittadini, vi erano anche quelle più nette dovute ad una vera e propria euforia creatrice che non si limitava soltanto all'architettura, ma approdava ad una visione estremamente ottimista della grande città. Ciò aveva scatenato una sorta di contro-visione che si sviluppò in quattro settori distinti: vi era il "romanticismo agrario" che vedeva nella campagna il luogo del benessere e della felicità; vi era la "retorica popolare-scientifica" sulla città che considerava pericolosa per un triplice aspetto: essa eliminava un importante fattore di selezione proteggendo i deboli; trasportava i migliori abitanti rurali in un luogo a loro ostile e in cui non potevano garantire profitto come facevano in campagna; e infine obbligando a mettere al mondo un basso numero di bambini  rischiava di divenire la tomba della razza. Persino i sociologi criticavano la metropoli e le sue invenzioni: Sombart giudica l'orologio da polso simbolo della nuova percezione del tempo in continuo calcolare come l'economia capitalistica e riporta persino la grande differenza tra cultura del passato e cultura attuale di massa, ben più bassa della prima.

Tutte queste critiche vennero riprese e ampliate nella letteratura come in pittura, attraverso messaggi che sottolineano l'anonimità nella grande città, riassunta da Bertolt Brecht nella formula: "sparisci". I quadri degli artisti adesso rappresentano figure senza volto che si muovono in modo quasi automatico e incontrandosi non intrattengono alcuna relazione reciproca…anche questa è una visione della grande città.

L'ARTISTA

Per capire il ruolo dell'artista in questo secolo possiamo rifarci alle parole di Richard Wagner che gli definisce mortali cui era stata concessa un'intuizione divina. Essi vivevano solo per la propria arte cui si dedicavano in profonda solitudine per offrire al pubblico la loro opera, ovvero il più nobile dei beni. Quest'ultimo spesso non apprezzava e si rivelava una massa orrenda fatta di uomini ignoranti, prepotenti e capricciosi, quasi mai in grado di comprendere il valore del genio artistico. Queste parole fanno bene intendere quanto l'uomo d'arte fosse legato al pubblico nella buona e nella cattiva sorte. Né aveva bisogno come compratore o mecenate, ma necessitava anche della sua adorazione per essere confermato nella propria divinità. Non poteva esistere senza di loro, anche se ogni tanto li malediceva poiché lo fraintendevano: era succube del pubblico, ma odiava questa dipendenza. Spesso gli artisti preferivano soddisfare una sola persona come un principe piuttosto che la massa, in tal modo si dovevano limitare a seguire i gusti di uno e non di molti. Nonostante ciò era sempre più difficile trovare un lavoro a corte, così l'artista si rivolgeva ad un pubblico moderno influenzato dalla critica e dagli autori concorrenti.

Uno sguardo al passato

Fino all'età moderna gli artisti si ritenevano degli artigiani che, organizzati in corporazioni, fabbricavano prodotti, pagati a prezzi fissi dai clienti, sulla cui qualità vigilava la corporazione. Nel rinascimento ebbe inizio un processo di separazione tra gli artigiani e gli artisti; si formarono così le accademie e le opere cominciavano ad essere concepite come un prodotto intellettuale e non più artigianale, conseguentemente anche l'artista stava entrando a far parte della sfera erudita della popolazione.

Le prime accademie sorsero in Italia e in Francia. In questi luoghi non c'era più il rapporto tra maestro e allievo, ma tra professore e studente. Appartenere a queste accademie significava essere in grado di soddisfare le esigenze dei committenti, per lo più appartenenti alla nobiltà di corte; gli artisti più rinomati, poi, furono impiegati presso le corti e dispensati da tutte le fatiche borghesi. Questo mutamento di ambiente permetteva loro una maggiore libertà espressiva rispetto alle corporazioni che gli permetteva di esaudire ogni capriccio, purchè riuscisse a convincerne il signore e a dimostrare la sua genialità.

La nuova concezione dell'arte: Classicismo e Romanticismo 

Proprio nell'800 si svilupparono due movimenti essenziali: Classicismo e Romanticismo.

Non il rendere le cose più belle, ma l'imitazione della natura era la parola d'ordine grazie a cui aveva origine l'arte per il classicista. Era necessario cogliere la natura nella sua forma interiore, non tramite una rigida applicazione di regole, bensì mediante l'immaginazione del genio artistico che grazie alla sua forza creatrice riusciva a strappare a un oggetto il suo significante, ciò che lo rendeva interessante. L'arte così diventava creazione di un'altra natura permeata di intelletto umano che permetteva "l'innalzamento dello spirito" e la sua catarsi. Sotto questo aspetto l'arte si copriva di un significato religioso che la rendeva un mondo sostituitivo a quello religioso: tutto ciò che si perdeva nella vita borghese poteva essere sviluppato in questo contro-mondo.

La visione romantica, invece si distanziò dal Classicismo ripudiando i concetti illuministici di utilità e razionalità. Se il Classicismo si occupava della riconciliazione armonica della lacerazione dell'uomo moderno, il Romanticismo accentuava tale lacerazione ponendo al centro il caos interiore contro l'ordine esteriore, il sogno contro la realtà e facendo emergere l'onirico, l'inconscio. Tra queste due correnti la seconda ebbe senz'altro maggior successo, anche se veniva vista da artisti classicisti come una regressione, poiché univa in sé intellettualità e magia, facendo dell'artista colui che poteva perfino dare l'assoluzione divina. E' però proprio su questo ruolo quasi divino che Classicismo e Romanticismo si incontrano.

L'artista, il suo mondo e l'ambiente circostante

E' vero sì che l'artista possedeva un talento innato, ma è altrettanto vero che esso si dovesse formare per intraprendere al meglio la sua carriera. Tale formazione consisteva in viaggi, colloqui, introspezioni e riflessioni, insomma tutti eventi che tenevano distante il genio dal mondo borghese. Questo processo è assai importante per definire le scelte di ogni artista ed è perciò spesso rappresentato dall'artista stesso. Oltre a questo momento essenziale nella vita di ogni uomo d'arte ve ne erano molti altri, alcuni veri, altri frutto della tradizione. Tutti conosciamo gli artisti più importanti come uomini che hanno sofferto tutta la vita rimanendo nel disprezzo del pubblico per poi essere riconosciuti da esso solo dopo la morte. Lo scopo di questi topoi era quello di presentare l'artista come una persona fuori dal comune la cui idealità lo elevava al di sopra della massa borghese. Questo (auto)ritratto era già stato preparato e coltivato dagli artisti di corte, in aggiunta fu poi posto l'accento anche sulla libertà intellettuale per cui il genio produceva solo quelle che voleva lui e che gli era stato dettato dal profondo.

Questi stereotipi di vita solitaria si sono sviluppati secondo tre modelli che descrivono anche il rapporto tra l'artista e il suo pubblico:1) l'artista come genio misconosciuto e disprezzato che si offre in sacrificio per la sua arte.2) L'artista inserito in una piccola comunità di iniziati che riconoscono il suo genio, seppure la società lo disprezza ancora.3) l'artista come principe al quale i sudditi si inchinano esaltandolo come un dio. In questo caso la comunicazione tra genio e pubblico funzionava poiché quest'ultimo si mostrava maturo e sensibile.

Mecenati

Oltre a questi 3 modelli esisteva anche l'artista di corte che era vincolato al suo mecenate non molto differente dai precedenti despota. Questo non era un oltraggio per l'artista, bensì una forma essenziale di sostentamento, infatti erano pochi coloro che riuscivano a cavarsela senza il sostegno di un benefattore che li manteneva.

Associazioni artistiche e mercato dell'arte

In molte città nell'800 furono fondate associazioni artistiche che organizzavano concerti o altre attività e che mettevano a disposizione degli artisti il ricavato di tali eventi. Queste associazioni, cui appartenevano uomini della borghesia colta, si distinguevano dalle precedenti poiché si concentravano intorno ad un unico artista. Ad esse si contrapponevano altre associazioni che invece cercavano di diffondere l'arte nelle facoltose classi medie, e ad esse facevano ricorso gli artisti meno noti cercando di lanciare le proprie opere.

La crescente solerzia artistica della borghesia era un dato di fatto, sia frutto del portafogli più gonfio che permetteva loro di spendere soldi per l'arte, sia frutto del valore che l'arte aveva acquisito nell'universo dei valori borghesi. A ciò contribuirono nuovi mezzi di diffusione come riviste di arte per famiglie, storici e critici dell'arte che stabilirono una rete letteraria europea. Questo fatto turbò molto gli artisti che adesso dipendevano unicamente dalla critica, poiché era essa a guidare la massa che si limitava a leggere dei quadri e a guardarli dal punto di vista intellettuale, privo di sensazioni. Ciò comunque riuscì a ingrandire il mercato dell'arte permettendo bene o male a tutti gli artisti di mantenersi, così crolla il topos dell'artista che conduce una vita piena di affanni, e anche se pochi riuscivano a raggiungere la notorietà, tuttavia erano pochi gli artisti che rischiavano di morire di fame, anzi si avvicinavano al tenore di vita della media borghesia e ciò permetteva loro di frequentare gli stessi ambienti dei professionisti, dei medici, dei professori e degli industriali medi. Questo dimostra come l'artista non intenda affatto abbandonare le comodità della vita borghese, anzi intenda ricercarle.

Come si è giunti allora a coltivare un'immagine dell'artista così differente dalla realtà? Probabilmente furono gli stessi borghesi a diffondere queste credenze, poiché se l'arte doveva diventare un sostituto della religione, allora doveva essere qualcosa di unico e separato dalla vita quotidiana, e come tale anche l'artista doveva far parte di questo mondo a se. Così in un'epoca in cui non c'erano stelle del cinema o dello sport gli artisti assunsero il ruolo di dare pubblico scandalo, non rifacendosi ai canoni borghesi, portando davanti all'opinione pubblica uno spettacolo, come diceva Frederich Nietszche, una recita della"falsità con la coscienza pulita". E il pubblico la applaudiva.

Artiste donne?

Nel mondo dello spettacolo le donne potevano esibirsi come cantanti, ballerine o potevano suonare il pianoforte, ma non comporre musica, poiché la creazione poteva essere soltanto maschile, tutto al più potevano attuarla. Le esecuzioni musicali al femminile avvenivano sempre tra le mura domestiche della borghesia in cui si trovava quasi sempre un pianoforte a cui le donne venivano invitate fin da piccole per imparare ad apprendere la musica: le lezioni di piano erano un elemento irrinunciabile nell'educazione delle fanciulle borghesi, tuttavia esso non poteva mai trasformarsi in una carriera vera e propria, poiché le donne erano solo delle dilettanti, gli uomini erano dei virtuosi. Qualsiasi donna aveva delle intenzioni serie veniva spesso scoraggiata dagli stereotipi sessuali della propria epoca che giudicava le produzioni al femminile come "lavori da donnetta"; a loro era proibito anche studiare in un'accademia. Sostenute dal movimento femminista, però, cominciarono a farsi forza e ad allestire le prime mostre per migliorare il gusto del pubblico femminile. Le donne molto più raramente degli uomini erano elogiate, o accettate nella legion d'onore, ciò perché i generi di pittura al femminile erano tipologie non soggette a riconoscimenti: i dipinti ad olio erano un genere maschile, le donne invece adottavano acquerelli, pastelli o matite; ritraedo argomenti paesaggistici o nature morte, ma mai nessun quadro di argomento storico. Rispetto alle altre professioni, tutto sommato la carriera artistica era per una donna molto più fattibile delle professioni accademiche da cui erano del tutto escluse.

Musicisti e compositori

L'importanza della musica nell'800 è rilevante infatti essa, assieme alla poesia, si collocava fra le arti al primo posto sia in Germania che in Italia. Essa era importante persino tra gli operai. Degna di nota però in questo campo è l'auto-organizzazione della borghesia. All'inizio del XIX secolo si fondarono ovunque associazioni borghesi di amici della musica e cominciò a diffondersi la stampa musicale. Vi fu anche un cambiamento da parte del pubblico che adesso non vede più la musica come una cosa in che si può affiancare alle conversazioni o ad altri momenti, bensì la concepisce come attività totalizzante  che merita tutta l'attenzione da parte dell'ascoltatore. Ciò si mostrò anche nella mutazione della forma del genere musicale che si avvicinava sempre più alla forma di concerto. Crebbe anche l'importanza per l'artefice dell'opera: il compositore prese il sopravvento sul direttore d'orchestra e sugli interpreti; egli imponeva il modo in cui il suo lavoro doveva essere eseguito e pretendeva che ci si attenesse alle sue indicazioni, insomma gli interpreti erano importanti, ma non dovevano essere al centro della rappresentazione. Fu proprio questo il motivo che fece sprofondare l'orchestra nella buca orchestrale, totalmente sottratta allo sguardo dello spettatore.

Il rapporto tra compositore e pubblico era molto più distaccato di quello tra gli artisti figurativi e i loro committenti, anche se entrambi producevano opere su commissione, tuttavia la musica parlava più direttamente al pubblico tanto che essa rimase sempre un'arte sensitiva anche per Wagner. Il compositore era pertanto alchimista dei suoni, egli estasiava il suo pubblico, lo entusiasmava e lo faceva tornare in se solo dopo l'ultimo accordo.

L'INGEGNERE

Figura chiave dell'industrializazzione l'ingegnere riveste un ruolo molto importante in quest'ultima. Nei suoi mutamenti di ruolo si possono cogliere le varie fasi del processo industriale. Adesso con la creazione di nuovi settori come quello chimico o meccanico, di spazi di produzione inediti, di nuovi metodi produttivi, si necessita di una nuova figura che organizzi e metta in moto questo nuovo ingranaggio, poiché la semplice combinazione tra datori di lavoro e lavoratori non bastava più. I datori di lavoro a poco a poco furono costretti a delegare la loro autorità nelle fabbriche prima ai capi reparto, poi agli ingegneri.

Lo status degli ingegneri: tra militari e burocrazia

Forti di una cultura scientifica e tecnica i primi ingegneri erano prevalentemente amministratori, alti funzionari e ufficiali dell'esercito, infatti inizialmente il termine ingegnere non si rapportava a un titolo, ma a un grado nei corpi militari dello stato.

I ruoli dell'ingegnere erano di organizzare e supervisionare i servizi indispensabili al buon funzionamento statale, così l'ingegnere in servizio esaminava i progetti delle imprese private per contratti di finalità pubblica, sorvegliava i lavori, poi la manutenzione e le riparazioni: un ruolo fondamentale che nessuno poteva aggirare.

Per la difficoltà all'accesso delle scuole di ingegneria inizialmente ricoprirono questo status solo i rappresentanti delle elites dirigenti nell'apparato pubblico. Nel 1899 le scuole superiori tecniche ebbero il diritto di assegnare dottorati paragonabili a quelli di alti funzionari della giustizia e dell'amministrazione. Soltanto pochissimi di questi ingegneri-militari si consacravano all'industria privata abbandonando il settore pubblico, poiché non erano sicuri del reddito che potesse garantirgli.

Ingegnere civile e impresa privata

E' proprio in contrapposizione a questi ingegneri militari che si forma il concetto di ingegnere civile. A fianco degli ingegneri funzionari nacquero, prima in Inghilterra, poi nel resto del mondo, gli ingegneri responsabili della produzione industriale; le enciclopedie francesi li distinguevano in quattro tipi: ingegneri Meccanici, idrografi, ottici e farmacisti. Bisogna però attendere la fine degli anni trenta affinchè l'ingegnere burocrate passi in secondo piano, dal momento che ormai il protagonista era l'ingegnere del settore privato che faceva muovere il progresso.

Le crescenti necessità dell'industria determinarono una richiesta sempre maggiore di questi professionisti che diventarono sempre più specializzati nelle diverse discipline

Ingegnere e dirigente

Oltre che un buon tecnico l'ingegnere doveva essere anche un  buon dirigente, infatti spesso il datore di lavoro delegava anche le responsabilità del benessere materiale e morale dei suoi operai; insomma tutte le responsabilità del padrone ricadevano anche sui suoi ingegneri, a tal punto che entrambi erano i responsabili dell'impresa e entrambi la governavano come un ufficiale può governare una nave .

Formazione professionale

Le idee sulla formazione degli ingegneri variano a seconda delle differenti culture europee. La Gran Bretagna ha sempre privilegiato le formazioni nelle università come Oxford e Cambridge. In Belgio gli ingegneri industriali erano formati nelle Ecoles des Arts et Manifactures, ma anche nelle due più grandi università del paese. L'istruzione più importante però rimaneva quella dell'Ecole dove oltre a competenze tecniche e scientifiche li venivano date anche nozioni di carattere industriale; conoscevano dunque la fisica e avevano competenze sull'elettrolisi, le forze elettromotrici, le industrie dei metalli, dei trasporti e delle comunicazioni.

Nello stesso periodo a Parigi aprirono scuole altamente specializzate; all'alba della prima guerra mondiale queste suole formavano circa 200 ingegneri l'anno.

 

"Curricola" di formazione e riproduzione delle elites

I curricola di questi ingegneri sono di fondamentale importanza

poichè ci rivelano anche i progressi della modernità nei vari ambiti.

Da sottolineare è anche il fatto che la società industriale trova le sue radici in una forte idea alternativa all'aristocrazia: la meritocrazia, ovvero l'enfatizzazione dei talenti a scapito dei privilegi di nascita. Nonostante la nascita e la fortuna non fossero più considerate sufficienti all'esercizio delle responsabilità direttive, tuttavia continuavano a contribuirvi ampiamente. Le scuole ingegneristiche infatti erano solo raramente dei trampolini di lancio per i gruppi sociali senza potere politico o economico; e gli eredi delle famiglie industriali non facevano altro che confermare la regola secondo la quale dovevano essere studenti di successo. Il consolidamento di grandi dinastie per oltre tre generazioni era così assicurato e se la mobilità sociale esisteva era solo grazie all'azione degli istituti di formazione intermedia.

Professione

Naturalmente l'estensione della grande impresa ha rafforzato il potere dell'ingegnere e ha moltiplicato i servizi la cui responsabilità gli veniva affidata. Una delle difficoltà attuali per lo studio di questa figura è quella di separare le sue funzioni sia nel pubblico che nel privato, nei posti di proprietà delle imprese e in quelli sotto la loro direzione. I settori in crescita richiedevano la necessità di ingegneri, e fra questi la meccanica, la produzione delle macchine, la chimica, il gas, l'elettricità, l'edilizia e le ferrovie; in altri settori invece come la metallurgia e il settore minerario è stabile; nell'ambito dell'agronomia e del tessile è invece in calo. Ciò non è altro che lo specchio della gerarchia dei settori portanti.

L'ingegnere delle ferrovie

Il prototipo dell'ingegnere scisso nelle sue mansioni tra il servizio per lo stato e quello per l'industria privata è rappresentato dall'ingegnere delle ferrovie. Se nel campo ferroviario vi erano mansioni già conosciute come il terrazzamento, la costruzione di ponti, di tunnel o viadotti, tuttavia venivano delegate all'ingegnere anche altre mansioni collegate più strettamente alla costruzione, alla manutenzione e allo sfruttamento delle reti ferroviarie. I progressi ingegneristici furono riscontrabili anche nell'ambito della sicurezza che provvedette a modificare sagome di  carico e scartamenti ferroviari che, collocati in modo approssimativo causavano deragliamenti. Vennero modificati anche i materiali da costruzione dei ponti che abbandonarono il legno il quale era facilmente incendiabile, ma utilizzavano nuovi acciai, e i contratti per acquistarli venivano fatti sempre sotto l'occhio di un ingegnere, figura cui spetta anche il merito dell'adozione dei combustibili.

L'ingegnere delle industrie meccaniche e metallurgiche

Non esistono però solamente i settori come la produzione, ma esistono anche nuove vie come i servizi commerciali e amministrativi parallele alla produzione. Questi posti sono più ambiti rispetto ai servizi tecnici, poiché più puliti e meno fastidiosi. Qui inoltre gli ingegneri sono costretti a confrontarsi con altri diplomati insieme ai quali possono intrattenere relazioni umane più diversificate.

Professione e protezione del titolo

Per lungo tempo il possesso del titolo di ingegnere fu monopolio dello stato, che stabiliva le condizioni di reclutamento, di formazione e di assunzione delle funzioni. Del resto l'idea di passare al servizio privato, di vendersi in cambio di un onorario molto elevato, aveva una connotazione negativa.

L'espansione dell'industrializzazione vide la moltiplicazione dei luohi di formazione e di professionalizzazione , e il riconoscimento sociale di chi aveva conseguito questi diplomi. Entrambe queste evoluzioni avvennero tra le due guerre. Lo sviluppo trovò la sua conclusione in Francia con la protezione del titolo di ingegnere: l'autentico ingegnere era colui che aveva ottenuto il diploma in una scuola riconosciuta dallo stato, se pubblica, o da una commissione ad hoc, se privata. Gli autodidatti dovevano sostenere  un esame in uno speciale istituto pubblico. Ormai il titolo ingegnere rappresentava un titolo di studio, una professione e un posto nella gerarchia sociale e nella gerarchia industriale dove gli ingegneri occupavano un posto molto rilevante.

IL MEDICO

La figura del medico emanava già dall'800 un carisma particolare a causa dello status di esperto sociale e di demiurgo attribuitogli. L'innegabile successo di questa professione però non è dovuto ad un miglioramento tecnico, bensì alle notevoli difficoltà che questa professione dovette affrontare a metà del secolo: il numero dei medici aumentava, ma chi si poteva permettere di pagare i loro onorari erano sempre meno. Al di là dell'effetto acceleratore della volontà da parte dello stato di curare meglio i propri cittadini, vi fu anche la diffusione dell'interesse per questa professioni in ambienti sociali sempre più estesi, anche se una forte limitazione era costituita dai corsi di studio che richiedevano spese considerevoli.

Per un medico le condizioni variavano a seconda che esercitasse in campagna o in città; essi infatti disdegnavano le campagne poiché non vi trovavano condizioni favorevoli: il pagamento spesso si effettuava in natura, dopo i raccolti, e spesso per il prezzo più concorrenziale il contadino preferiva un praticone o un ciarlatano. In città invece le difficoltà erano minori, ed erano dovute essenzialmente alla concorrenza tra medici, la quale favoriva anche strategie commerciali sospette in cui medici e farmacisti collaboravano per irretire i pazienti: il medico offriva consulenze a buon mercato nelle quali prescriveva il medicinale più costoso per poi spartire il guadagno col farmacista che vendeva la medicina al paziente. Oggi risulta davvero difficile fare una stima delle entrate dei medici, ma possiamo ipotizzare che esse variassero dalle 300 sterline alle 700, senza contare chi superava di gran lunga queste cifre. A metà secolo però i medici ebbero gravi difficoltà poiché non riuscivano a convincere i malati della loro efficacia terapeutica che di fronte a bacilli come il colera veniva rimessa del tutto in discussione. I medici, inoltre, avevano vari tipi di concorrenza: Una di esse era quella dei medici illegali, un'altra dalle sette come i medici omeopati, e l'altra dagli speziali e dai chimici che si impadronirono del commercio farmaceutico, cercando di sottrarre al medico la prescrizione del farmaco. Rimaneva infine la concorrenza dei ciarlatani che si istruivano tramite la letteratura divulgativa di argomento medico che nell'800 raggiunse punte altissime. La risposta per combattere queste forme di concorrenza fu anzitutto la specializzazione e a seguire l'entrata nelle funzioni pubbliche che era accessibile a un gran numero di professionisti: Gli incarichi part-time, come le vaccinazioni, si moltiplicarono, contribuendo così all'idea che la medicina potesse essere un servizio pubblico come l'istruzione. Questa prospettiva fu all'origine della nascita delle organizzazioni professionali mediche su scala nazionale: la figura del medico nacque così da questa costruzione volontaria piuttosto che dalla capacità di imporsi spontaneamente. Le società mediche proliferavano, denunciando allo stesso tempo la saturazione, e per rimediare ciò proclamavano una lotta sempre più serrata ai guaritori e ai praticoni. Così la professione medica non scaturì da una scienza in pieno sviluppo, ma da una situazione da cui seppe trarre vantaggio. Anche le riforme politiche e sociali favorirono questa classe facendo intensificare la loro attività negli strati sociali medi e agiati, ma anche in quelli più bassi grazie allo stato che vide l'assistenza medica come un modo per ristabilire la pace sociale e per "civilizzare" una classe ritenuta barbara e selvaggia.

All'incremento dei guadagni della classe medica non furono estranee anche le assicurazioni sociali che si basavano sulle quote dei membri che disponevano di un reddito stabile. Finalmente il 15 luglio 1893 venne istituita una legge che garantiva l'assistenza medica gratuita per tutti i cittadini privi di mezzi (e si guardava bene dal definire chi fosse privo di mezzi). Malgrado le lamentele, anche i medici ne trassero profitto, non rimettendoci sul piano economico e rafforzando l'esercizio della loro professione. Insomma il rapporto tra medico e paziente stava cambiando, e se prima era il paziente ricco a comandare e il medico a obbedire, adesso è il medico a imporre e il paziente a obbedire. Inoltre il medico diventava sempre più presente agli avvenimenti importanti della vita, quali la nascita o la morte.

Il medico i generale aveva una grande esperienza teorica, ma gli mancava la pratica, per questo restarono soprattutto dei letterati e umanisti che facevano più parte della borghesia intellettuale più che degli scienziati o specialisti.

Ritornando al rapporto tra il medico e il suo paziente esso stava mutando anche all'interno degli ospedali; non esistevano infatti più colloqui privati tra medico e paziente, ma ad essi si sostituivano i colloqui tra il paziente e una équipe gerarchizzata che portò la medicina ad essere sempre più anonima ed impersonale. Il simbolo di ciò è la visita del primario che mostra ai suoi assistenti il paziente come un caso di studio. Ciò però accadeva nelle cliniche private, in quelle pubbliche invece le cose andavano diversamente. I principali pazienti di queste cliniche erano infatti nobili che, attratti dalle nuove possibilità della medicina moderna, non volevano più essere mescolati con "persone che soffrivano di miseria più che di una reale malattia".

La medicina nell'ottocento servì anche a combattere grandi malattie come la tubercolosi che per far sì che si potesse curare era necessario far rispettare alcune norme igieniche e comportamentali al malato. In questo caso la funzione del medico era più sociale e morale che terapeutica. Ciò obbligava il medico ad entrare nella sfera privata del paziente, compito che fu delegato ad un personale femminile di più modesta estrazione sociale. Allo stesso modo il medico ordinario fu privato di una parte consistente dei suoi compiti; si favorì così sempre più la specializzazione che fece crescere smoderatamente le ambizioni dei medici, i quali vollero estendere la loro influenza su tutta la società, avanzando folli ambizioni sulla gestione di vita degli individui della società.

Anche in ambito politico i medici ebbero grande successo e ciò dimostra la loro forte volontà di ascesa sociale. Nell'ambito della medicina pubblica è da sottolineare anche la nascita dei ticket modérateur: ogni paziente possedente una mutua riceveva un carnet di ticket che staccava al medico dopo la visita. Ogni mese il medico trasmetteva i ticket ricevuti alla società mutualistica che gli versava la somma corrispondente. Fino ad allora gratuito, il carnet poi divenne a pagamento.

Considerando tutti gli aspetti l'opinione pubblica attribuì al medico il ruolo di personaggio potente ascoltato e rispettato ovunque. Egli però differiva da questa visione e si presentava come una persona eternamente sfruttata dallo stato e dai servizi sociali, disprezzato dalla borghesia e schernito dai malati. Nonostante questo forte scarto tra realtà e percezione il medico rimaneva sempre un rappresentante delle classi medio-alte e come tale raggiunse il suo status rivendicando il proprio ruolo all'interno della società.